L’Italia è un paese di analfabeti digitali. L’esperto: «Usiamo male la tecnologia disponibile»

L'esperto friulano Manuel Cacitti: "Il 54 per cento non ha competenze"

Lunedì 2 Ottobre 2023 di Antonella Lanfrit
L’Italia è un paese di analfabeti digitali. L’esperto: «Usiamo male la tecnologia disponibile»

PORDENONE - Abituato ad affrontare la frontiera della digitalizzazione e addirittura a prevedere ciò che potrebbero mettere in atto gli hacker al fine di sviluppare sistemi sempre più efficienti ed efficaci per la cybersecurity, il friulano Manuel Cacitti, imprenditore e uno dei massimi esperti mondiali in fatto di sicurezza informatica, fa un incontro con una realtà decisamente diversa quando sfoglia il Rapporto Ue Desi, lo studio che dal 2014 anno dopo anno monitora l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società. Dall’ultima edizione pubblicata di recente risulta, infatti, che l’Italia si colloca al 18° posto tra i Paesi Ue rispetto all’indice monitorato e la metà dei cittadini non ha competenze digitali di base. «Ciò che emerge con evidenza – analizza l’esperto – è il diffuso analfabetismo digitale del Paese, una condizione che, inevitabilmente, influisce sulla crescita di un utilizzo appropriato ed efficace della tecnologia oggi a disposizione».


LE CARENZE
Un fenomeno che fa il paio, per altro, con una contenuta propensione per le discipline Stem.

A fronte del diffuso interesse per intelligenza artificiale e digitalizzazione, quindi, sembra che poi che non seguano uno studio e un’esercitazione per rendersi edotti nelle pratiche connesse alla digitalizzazione. Nel rapporto, in sigla Desi, l’Italia raggiunge un punteggio complessivo di 49,3 rispetto, pur essendo la terza economia dell’Unione. La media Ue di 52,3 punti. Le carenze maggiori si riscontrano nel capitale umano (25° posto su 27 Paesi Ue con 36,6 punti contro la media di 45,7) e nei servizi pubblici digitali, perché il punteggio è di 58,5 rispetto a una media del 67,3. Risulta invece una condizione addirittura superiore alla media quella relativa alla connettività, con un 61,2 rispetto a una media del 59,9. Anche l’integrazione delle tecnologie digitali ha un 4 punti di vantaggio sulla media europea. 


LA SITUAZIONE
Il Rapporto Ue, che riporta gli ultimi dati disponibili riferiti al 2021, sostiene che «l’Italia sta guadagnando terreno e, se si considerano i progressi del suo punteggio Desi negli ultimi cinque anni, sta avanzando a ritmi molto sostenuti». Tuttavia, continua lo studio, «la trasformazione digitale sconta ancora varie carenze cui è necessario porre rimedio». Ed è su questo che Cacitti punta il riflettore: «Ancor oggi oltre la metà dei cittadini italiani, il 54%, non dispone neppure di competenze digitali di base. La percentuale degli specialisti digitali nella forza lavoro italiana, poi, è inferiore alla media dell’Ue e le prospettive per il futuro sono indebolite dai modesti tassi di iscrizione e laurea nel settore della Tic». A fronte di questo scenario, prosegue l’amministratore di Karmasec, «se si vuole che la Ue consegua l’obiettivo del decennio digitale riguardo alle competenze di base e specialisti Tic, è assolutamente necessario un deciso cambio di passo nella preparazione dell’Italia in materia di competenze digitali».


BANDA LARGA 
Il Rapporto Desi dà notizie incoraggianti sul fronte della connettività «si sono registrati progressi in termini di diffusione dei servizi a banda larga e di realizzazione della rete, anche se ci sono ancora carenze per le reti ad altissima capacità, compresa la fibra fino alla sede dell’utente». La maggior parte delle Pmi, il 60%, ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale. Per quanto riguarda l’offerta dei servizi pubblici digitali, il rapporto Desi registra «progressi nell’offerta di servizi pubblici digitali, riducendo così le distanze rispetto alla media dell’Unione», ma «solo il 40% degli utenti italiani di Internet fa ricorso ai servizi pubblici digitali, rispetto a una media Ue del 65 per cento». A confortare il fatto che questo indicatore ha registrato «una crescita considerevole negli ultimi due anni», annota il Rapporto Desi, con un aumento di 10 punti percentuali tra il 2020 e il 2022. Esattamente il biennio in cui, causa pandemia, molte delle attività in presenza si sono dovute attivare online, favorendo così un avvio diffuso alla digitalizzazione. 

Ultimo aggiornamento: 3 Ottobre, 08:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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