UDINE - Per le piscine friulane, che aspettano da sette mesi di poter riaprire le vasche al coperto, chiuse per il largo pubblico a fine ottobre, la prospettiva di dover rimandare di un mese in più la sospirata ripartenza, con la nuova scadenza fissata per decreto a luglio, è stata un fulmine a ciel sereno.
IL DECRETO
«Quando abbiamo visto la data del 1. luglio eravamo disperati. Avevamo già fatto la programmazione della scuola nuoto e dell’acquagym dal 1. giugno. Eravamo tanto arrabbiati», ricorda Vidus, che ora spera nella zona bianca. Le piscine non servono solo agli atleti da competizione. «È venuta in lacrime da noi una signora che si è comprata la muta pur di poter usare la vasca esterna anche con il freddo». Intorno alla Swim oltre ai sei dipendenti «ancora in cassa integrazione» ruotano anche una cinquantina di istruttori, «che ora sono fermi. Ne abbiamo persi già due che hanno dovuto cercarsi un altro lavoro. Per come sta girando adesso, la piscina consuma dai 15mila ai 25mila euro al mese. Non possiamo fermare le macchine. Stiamo incamerando debiti che andremo a coprire quando riapriremo se nessuno ci aiuta. Finora dallo Stato abbiamo ricevuto seimila euro. La proprietà per fortuna ci è venuta incontro». L’unico dato positivo, dice, è che «per tutto questo periodo abbiamo riunito più società (per gli allenamenti degli atleti consentiti ndr), come Orizzonti, Tabu sport e i master di Gemona, perché abbiamo condiviso la piscina: era l’unico modo per riuscire ad abbattere i costi. Fra società ci siamo dati una mano». La speranza, ora, è legata alla zona bianca: «Faremo una telefonata ufficiale per capire. È un anno che siamo nella confusione più totale. Siamo disperati».
GEMONA
«Speravamo di essere quantomeno equiparati alle palestre o ai campi da calcetto. Invece, e scusi l’ironia, probabilmente il covid si diffonde molto di più nell’acqua clorata che in una mischia fra difensori e attaccanti», sbotta Luca Pesamosca, al timone dell’impianto di Gemona alla notizia delle previsioni del decreto. Anche lui confida nell’ipotesi di giugno, ma l’incertezza non aiuta. «I centri estivi non possono essere attivati come l’interruttore di una lampadina. Quando si decide di aprire ci vogliono anche i tempi adeguati». Anche lui deve fare i conti con i costi fissi: «La piscina è chiusa, ma restano le spese. Non tanto quelle imputabili all’esercizio degli impianti qunto quelle amministrative. Una piscina come la nostra ha 10mila euro l’anno solo di polizze e canoni di abbonamento di macchinari. Abbiamo dovuto usare l’indebitamento, con i sostegni che ci sono arrivati: abbiamo ricevuto 9mila euro in oltre un anno di chiusura».
DISCOTECHE
Riccardo Badolato, del Kursaal di Lignano, pensa positivo: «Io sono abbastanza fiducioso. Il 5 giugno faranno l’esperimento al Praja di Gallipoli e secondo me, anche dalle indicazioni che ci dà il nostro sindacato, penso che ci daranno la possibilità di riaprire almeno i locali all’aperto ai primi di luglio. Sono abbastanza speranzoso, perché se aprono i parchi giochi come Gardaland e Mirabilandia e la gente va allo stadio, non capisco perché i ragazzi non possano andare a ballare all’aperto».
CENTRI COMMERCIALI
Intanto, dal 22 maggio, riaprono anche nel fine settimana i centri commerciali. «Era ora - dice Antonio Maria Bardelli (Città Fiera ) -. Faremo un bel po’ di comunicazione per dire che riapriamo già il prossimo weekend. La gente da mesi non è più abituata: è giusto fargli sapere che li aspettiamo a braccia aperte. Più che soddisfazione, abbiamo accolto la notizia della riapertura dei weekend con sollievo: era una discriminazione obiettivamente insostenibile e inspiegabile. Speriamo che sia la volta buona».