Veneto Banca: tagliati fuori dal processo 221 risparmiatori

Martedì 22 Marzo 2022 di Giuliano Pavan
Veneto Banca

TREVISO - Le schermaglie sulle parti civili, nel processo relativo al filone delle truffe di Veneto Banca, sono entrate nel vivo.

Le difese dei cinque imputati hanno chiesto di escludere 145 posizioni perché hanno già ottenuto una transazione con Veneto Banca e altre 76 perché l'acquisto dei titoli dell'ex popolare risale a un periodo precedente al 2012, anno dal quale parte la contestazione di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata formulata dalla Procura di Treviso. I pubblici ministeri Massimo De Bortoli e Gabriella Cama non si sono opposti a tali richieste, ma il gip Piera De Stefani scioglierà la riserva soltanto sabato, giorno in cui riprenderà l'udienza preliminare. Degli oltre 2.300 risparmiatori che vogliono ottenere un risarcimento, ne rimarranno dunque poco meno di 2mila. In pratica uno su dieci verrà tagliato fuori.

LE ACCUSE

La Procura di Treviso contesta una truffa da 107 milioni di euro ai danni di risparmiatori e azionisti di Veneto Banca. Sul banco degli imputati ci sono cinque persone: oltre all'ex amministratore delegato ed ex direttore generale Vincenzo Consoli (già condannato in primo grado a 4 anni di reclusione per falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza bancaria, con tanto di confisca di 223 milioni di euro di beni, ndr), ci sono l'ex condirettore generale ed ex responsabile dell'area commerciale Mosè Fagiani (difeso dall'avvocato Massimiliano Asdrubali), l'ex responsabile della direzione centrale pianificazione e controllo Renato Merlo (difeso dall'avvocato Alberto Mascotto), il suo successore Giuseppe Cais (difeso dall'avvocato Giuseppe Pugliese), e l'ex direttore del settore Capital management Andrea Zanatta (difeso dall'avvocato Boris Cagnin).

I RUOLI

Come per il processo per falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza bancaria, anche per questo filone d'indagine Vincenzo Consoli viene descritto come promotore dell'associazione a delinquere. «Avvalendosi dei suoi poteri di incontrastato ed effettivo dominus della banca - scrivono i magistrati - assumeva ogni decisione in merito alla determinazione del prezzo dell'azione Veneto Banca e influiva illecitamente sulle decisioni del Cda e dell'assemblea dei soci, presentando personalmente i piani strategici dell'azienda e le proposte per il prezzo delle azioni». Se Consoli sapeva e decideva tutto, gli altri quattro manager non hanno fatto nulla perché questo non accadesse. Le responsabilità ipotizzate dalla Procura di Treviso sono chiare, e divise per ruolo di competenza. Ma la sintesi è la medesima: sapevano che la banca «si trovava in una situazione patrimoniale e finanziaria assai critica». Partendo da questo presupposto «inducevano i componenti del Cda e l'assemblea dei soci, a mantenere costantemente ed eccessivamente elevato il prezzo unitario delle azioni, favorivano il mantenimento dell'effettivo e assoluto potere direttivo concentrato essenzialmente nella persona di Vincenzo Consoli, adottavano modalità gestionali atte a dissimulare lo stato di difficoltà finanziaria della banca e impartivano pressanti disposizioni al personale dipendente dirette a incoraggiare la vendita di titoli azionari». Il tutto a danno, ovviamente, dei clienti.
 

Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 10:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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