Truffa dei bitcoin, denunciata anche una banca: «Deve risarcire i clienti»

Domenica 30 Aprile 2023 di Giuliano Pavan
LA TRUFFA Un nuovo fronte giudiziario potrebbe portare al risarcimento dei 300 trevigiani raggirati dalla Nft di Silea

SILEA - Per gli investitori truffati dalla New Financial Technology si apre un nuovo fronte: chiedere il risarcimento dei danni non alla società di Silea ma alle banche che hanno perfezionato gli investimenti in criptovalute da loro promossi. La prima azione legale è stata incardinata a Milano, sia contro il noto istituto di credito italiano che contro una promotrice finanziaria, una 55enne residente a Pontedera, in provincia di Pisa, che sfruttando la sua posizione lavorativa piazzava i prodotti Nft ai clienti operando anche come agente della società di Silea. A promuovere la battaglia legale è stata l’Afue, l’associazione vittime di truffe finanziarie presieduta da Daniele Pistolesi (con l’aiuto degli avvocati Enrico Conti e Michele Peretto), per l’ipotesi di reato di raccolta abusiva di denaro.

Una procedura simile a quelle già avanzate nei confronti di alcune banche lituane, dove la Nft aveva radicato conti correnti per far confluire i soldi degli investitori (la maggior parte trevigiani, che sono saliti a 300, ndr), e dei cosiddetti “exchange” (enti bancari online equiparati ai tradizionali istituti di credito), rei entrambi di essere stati negligenti riguardo l’osservanza delle normative antiriciclaggio.

IL RUOLO

La querela depositata presso la Procura di Milano è circostanziata. La promotrice finanziaria pisana, si legge, «ha collocato il prodotto finanziario Nft a centinaia di investitori» pur sapendo che «è una società abusiva, non abilitata alla raccolta di denaro», status di cui la 55enne era «ragionevolmente a conoscenza». Non solo: dal 2020 ha operato per conto dell’istituto di credito di cui è dipendente collocando Nft come prodotto finanziario di quella banca. «Gli investitori hanno dato fiducia alla signora per la presenza dell’istituto di credito che rappresentava una garanzia». L’investimento, dunque, veniva spacciato come sicuro e regolamentato. Circostanza che, secondo la denuncia, veniva data per certa anche dalla stessa promotrice finanziaria: «Dovete fidarvi della banca che rappresento» diceva la 55enne ai clienti. Da qui parte la contestazione diretta all’istituto di credito: dall’1 dicembre 2018, infatti, l’Ofc, l’organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari, è preposto per legge al controllo dei requisiti dei consulenti finanziari. Le ispezioni sono demandate dall’Ocf (e prima dalla Consob) agli organi di controllo interni di audit degli istituti bancari. Secondo Afue, dunque, tra il 2020 e il 2022 la 55enne ha subito diversi controlli e non è mai stato evidenziato che collocasse il prodotto Nft. «Ciò appare inverosimile - scrive Afue - in quanto i versamenti che i clienti della banca effettuavano ai vari conti correnti riferibili a Nft erano molteplici e visibili da una superficiale analisi delle movimentazioni. Tutto ciò rende l’istituto di credito responsabile in solido con l’operato della promotrice finanziaria».

IL COMMENTO

«L’articolo 31 comma 3 del Tuf è granitico - afferma il presidente Daniele Pistolesi - centinaia di investitori Nft hanno versato i loro denari credendo che il prodotto finanziario fosse garantito dall’ente bancario italiano per il quale la consulente finanziaria lavora ancora adesso. Non è possibile che la banca non sapesse e ne deve rispondere in termini risarcitori. Alcuni nostri assistiti sono stati già sentiti anche dalla Procura di Pisa nel merito dell’operato di questa consulente finanziaria. Il soggetto abilitato che conferisce l’incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale».

Ultimo aggiornamento: 08:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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