Treviso. «Rifiutò la visita all'anziana colpita ​da ictus»: guardia medica assolta

Giovedì 10 Ottobre 2019 di Angela Pederiva
«Rifiutò la visita all'anziana colpita da ictus»: guardia medica assolta
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TREVISO - Era stata condannata, sia in primo che in secondo grado, per l'accusa di essersi rifiutata di visitare prontamente un'anziana colpita da un probabile ictus. Ma dopo anni di carte bollate, una guardia medica trevigiana ha ottenuto l'assoluzione in Cassazione.

Ribaltando i due verdetti precedenti, infatti, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza emessa dai giudici di Venezia, che nel 2018 avevano sostanzialmente confermato l'affermazione di colpevolezza pronunciata nel 2013 dal gup di Treviso. La dottoressa era imputata, quale medico sostituto del servizio di Continuità assistenziale, di omissione di atti d'ufficio. In sintesi, le era stato contestato di essersi opposta alla richiesta del Suem di recarsi immediatamente, o comunque al più presto, nella casa di una 90enne probabilmente colta da un'emorragia cerebrale. Treviso Emergenza aveva sollecitato il suo intervento alle  13.23, poiché in quel momento tutte le ambulanze erano impegnate in altre attività di codice rosso. La guardia medica aveva poi raggiunto l'abitazione della pensionata, ma «dopo le ore 14.30, quando la paziente era stata già prelevata da ambulanza». 

IL RICORSOAssistita dall'avvocato Luigi Fadalti, la donna ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che l'esame dei tabulati telefonici e della testimonianza di un collega non avrebbe evidenziato «alcun volontario ritardo nell'intervento». Secondo la tesi difensiva, inoltre, «la creazione del Servizio emergenza-urgenza ha comportato una restrizione dei compiti della Guardia medica», attribuendo al primo appunto la gestione delle situazioni critiche e lasciando alla seconda la possibilità di allertare il Suem «ove ne ravvisi la necessità». Per questo la dottoressa ha rimarcato che «non esiste alcun obbligo contrattuale di intervento da parte del medico di continuità su chiamata del 118» e che il caso dell'anziana «rivestiva i caratteri di una emergenza-urgenza tale da richiedere la tempestiva ospedalizzazione e non la mera assistenza di un medico di continuità assistenziale, comunque non competente ad intervenire in materiale sostituzione del servizio di emergenza-urgenza». 
LE MOTIVAZIONISecondo la Corte d'Appello, l'imputata «non aveva la discrezionalità medica in ordine alla facoltà di valutare la necessità di eseguire una visita domiciliare ed eventualmente rifiutarla». Ma in questo modo per la Cassazione non è stato «tenuto conto della decisiva circostanza» per cui la guardia medica, pur esprimendo le proprie perplessità al telefono, alla fine andò a casa della 90enne. Ma dagli atti risulta che la dottoressa vi arrivò alle 14.53, «non trovandovi la paziente», che alle 14.03 era già stata soccorsa dalla prima ambulanza che nel frattempo si era liberata. Tanto è bastato agli ermellini per stabilire che «il fatto non sussiste» e assolvere definitivamente la donna, oggi 41enne. 
Angela Pederiva
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