Ragazzina di 12 anni bullizzata dalle compagne di classe: «Sei grassa, ammazzati»

Venerdì 6 Gennaio 2023 di Maria Elena Pattaro
Una 12enne trevigiana da oltre un anno è stata presa di mira dalle compagne di classe

TREVISO«Sei grassa, suicidati». «Obesa, fai schifo, pensa a come eliminarti». «Muori». Sono solo alcuni dei messaggi agghiaccianti che circolano nella chat di classe. Nel mirino una studentessa di soli 12 anni, bullizzata dai compagni da più di un anno per il suo aspetto fisico. Tanto da non voler più andare a scuola. L’incubo del bullismo torna a manifestarsi in tutta la sua brutalità nelle scuole della Marca, come emerge ai microfoni dell’emittente Antenna Tre. È il secondo caso choc in poco più di un mese negli istituti della provincia. Dopo la storia dell’11enne perseguitato da tre compagni in una scuola media dell’hinterland al punto da arrivare a dire «Meglio morire che tornare lì», ora i riflettori si accendono su un altro istituto.

Di Treviso, stavolta. A farne le spese è una studentessa di seconda media, denigrata per il suo aspetto fisico, proprio in un momento delicato come la pubertà, in cui il corpo degli adolescenti è in fase di trasformazione. 


L’INCUBO

Ad accanirsi contro la ragazzina sarebbe soprattutto uno dei compagni di classe che, paradosso dei paradossi, nell’ultimo periodo sarebbe diventato anche il suo compagno di banco malgrado le rimostranze e le denunce verbali fatte dai genitori ai docenti. Così la 12enne si è trovata gomito a gomito con il suo persecutore numero uno, vivendo le ore di lezione nell’angoscia più totale. Ma l’incubo non finisce qui: anche alcune compagne la prenderebbero di mira leggendo a voce alta, durante la ricreazione e al cambio dell’ora, un libro che racconta di autolesionismo mentre lei è presente. Come se volessero incitarla a emulare la protagonista. La ragazzina, esasperata dall’escalation di violenza psicologica, ha sopportato per un anno finché il fardello è diventato insostenibile. A quel punto ha raccontato tutto ai genitori. Un passo tutt’altro che facile perché ha significato ripercorrere episodi dolorosissimi che per mesi aveva taciuto, spinta dalla paura e dalla vergogna. Lunghi silenzi, pianti disperati e il terrore di tornare a scuola. A mamma e papà ha detto di non riuscire a seguire le lezioni perché in classe è lasciata completamente sola: se da un lato i bulli la tormentano, dall’altra gli altri compagni non prendono le sue difese. La famiglia per ora non ha sporto denuncia alle forze dell’ordine, nella speranza che la scuola risolva la situazione. Si attende dunque il rientro in classe, al termine delle festività natalizie, per capire quali provvedimenti prenderà l’istituto. 


IL PRECEDENTE

Una scelta totalmente diversa da quella fatta dalla madre dell’11enne perseguitato in una scuola dell’hinterland. La donna, a fine novembre, ha denunciato i tre baby bulli, tutti residenti in paese e di età compresa tra gli 11 e i 14 anni. Istigazione al suicidio, minaccia, stalking e lesioni personali sono le ipotesi di reato ora al vaglio della Procura dei minori di Venezia. «Non volevo arrivare a tanto: ho tentato di parlare con i genitori di chi da circa un anno prende di mira mio figlio, ma non c’è dialogo. E nemmeno la scuola mi aiuta. Quindi non mi resta che denunciare: questo incubo deve finire». Persino qualche compagno coraggioso, che sullo scuolabus aveva preso le difese dell’11enne messo alla berlina, gli aveva detto di denunciare i bulli. Segno che le parole, le richieste di smetterla non bastavano più. Botte, inseguimenti, dispetti, offese sullo scuolabus, davanti agli altri compagni e persino parole di morte: «Non vali niente, meglio se muori. Buttati nel Piave». Un fardello sempre più pesante da portare, tanto da non voler più frequentare l’istituto, pur di evitare altre angherie: «Meglio morire che andare a scuola» aveva detto il ragazzino, rimasto a casa per un periodo, fino a quando la scuola ha rassicurato i genitori sul fatto che il loro figlio era al sicuro. «Cambiare istituto? Non è giusto doverlo fare per colpa di tre prepotenti». Suo figlio portava addosso i segni di un disagio interiore sempre più pressante: unghie rosicchiate, volto spento, il terrore di tornare a scuola. «Dentro sto ancora peggio. Le cose che mi dicono mi fanno male al cuore» aveva confidato in famiglia. 

Ultimo aggiornamento: 16:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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