VOLPAGO DEL MONTELLO (TREVISO) - Quattordici anni di reclusione. Questa la richiesta di condanna che il pubblico ministero Gabriella Cama ha formulato ieri nei confronti di Massimo Zen, la guardia giurata 47enne, dipendente del gruppo Battistolli, che il 22 aprile del 2017 uccise a Barcon di Vedelago, con un colpo partito dalla sua pistola, il 36enne giostraio Manuel Major, che era in fuga assieme a due complici dopo una serie di assalti ai bancomat.
LA RICOSTRUZIONE
Minuziosa la ricostruzione operata dal pubblico ministero. Zen, che ieri era presente in aula, posizionò la sua auto di traverso lungo via Pomini a Barcon di Vedelago al fine di impedire o rallentare il passaggio della vettura sulla quale viaggiavano i malviventi, autori quella stessa notte di alcuni assalti a terminali Atm. A informarlo del fatto che Manuel Major, Jody Garbin e Euclide Major avevano i carabinieri alla calcagna furono Liziero e Cancarello, che avevano intercettato le comunicazioni delle forze dell'ordine. Il ranger, all'arrivo della vettura con dentro i banditi, esplose tre colpi dalla sua pistola Glock in direzione dell'autovettura. Tutti erano potenzialmente letali perché sparati ad altezza d'uomo. Uno di questi, attraversando il parabrezza sul lato passeggero, centrò al capo, nella zona temporale destra, Manuel Major, che era alla guida della Bmw rubata la sera prima.
LA DIFESA
Una versione condivisa dalla parte civile rappresentata dall'avvocato Fabio Crea ma duramente contestata invece dalla difesa di Massimo Zen, affidata all'avvocato Daniele Panico. «Il mio assistito -è la tesi del legale- percepiva di essere in grave pericolo di vita. La Bmw dei malviventi accelerò quando i tre si resero conto che c'era una macchina a sbarrare loro la strada. La vettura fece uno scarto improvviso solo in concomitanza dello sparo che colpì Major, sono gli stessi complici del 36enne ad ammetterlo. Quanto alla circostanza secondo cui Massimo Zen riferisce di aver sentito dei colpi di pistola dall'auto che lo stava per speronare, c'è la conferma legata al ritrovamento, all'interno della Bmw, non solo di polvere da sparo di arma lunga, che apparterebbe al legittimo proprietario, ma anche di residui di arma corta, come confermato dai rilievi che furono operati dal Ris di Parma. Credo che ci siano tutte le condizioni per arrivare ad un assoluzione per legittima difesa».