Omicidio a Riese, la difesa della Pm: «Ecco perchè non sono scattate le misure. Rispettata la procedura»

Sabato 23 Dicembre 2023 di Alberto Beltrame
Omicidio a Riese, la difesa della Pm: «Ecco perchè non sono scattate le misure. Rispettata la procedura»

RIESE PIO X (TREVISO) - Bujar Fandaj non aveva mai avuto problemi con la giustizia. Non sono state violate le norme previste dal codice di procedura penale. Non appena Vanessa Ballan ha presentato denuncia è scattata la perquisizione nella casa del 41enne kosovaro, che dopo il blitz della polizia giudiziaria non ha più importunato la 26enne. E la Procura aveva bisogno di ulteriori accertamenti sui quattro telefoni sequestrati a Fandaj per avere traccia dei messaggi minatori e dei video compromettenti con cui ricattava la vittima visto che Vanessa, per paura di essere scoperta dal compagno, aveva cancellato tutto dai suoi dispositivi. Il pm Barbara Sabattini, titolare del fascicolo a carico di Bujar Fandaj per stalking, revenge porn, violenza sessuale, violazione di domicilio e interferenza illecita nella vita privata, ha messo tutti questi motivi, nero su bianco, nella relazione depositata sul tavolo del procuratore Marco Martani per spiegare la natura “non urgente” della querela sporta dalla giovane mamma, uccisa a coltellate nella sua casa di via Fornasette a Spineda di Riese Pio X lo scorso martedì mattina. Spiegazioni che non hanno impedito al procuratore Martani di affermare che secondo lui c’erano invece «tutti gli elementi per chiedere il divieto di avvicinamento nei confronti dello stalker» e che «sono convinto che il gip ce lo avrebbe concesso», aggiungendo che «con la nuova legge Roccella non accadrà più». Il riferimento è al mancato divieto di avvicinamento disposto dalla Procura che, sempre secondo Martani, non sarebbe comunque bastato per fermare la furia omicida. 


IL NODO
Le ipotesi di reato mosse contro Bujar Fandaj potevano portare ad agire prima per evitare che si accanisse contro Vanessa Ballan? A posteriori non si contano gli appartenenti al coro dei “sì”.

Tra questi anche il Codacons che ha annunciato la presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica di Trento e al Procuratore Generale della Cassazione chiedendo di aprire un’indagine sull’operato dei magistrati di Treviso. «Il procuratore Martani, in modo molto coraggioso, ha affermato che “qualcuno ha sottovalutato il caso”, ammettendo la possibilità di un errore – spiega il Codacons – Questo però non consente di passare sopra all’ennesimo caso di trascuratezza da parte di giustizia e forze dell’ordine rispetto al gravissimo fenomeno del femminicidio». Le procedure, però, secondo la relazione del pm Sabattini sono state rispettate. «È facile parlare con il senno di poi» ha anche sottolineato il procuratore Martani, evidenziando che non è stata violata alcuna norma. Già, perché la relazione scritta dal pm Sabattini parte da questa premessa ed elenca l’attività svolta per dare seguito alla denuncia di Vanessa. E gli elementi in mano agli inquirenti avevano bisogno di ulteriori accertamenti. Fandaj, di fatto, era (ed è) incensurato, e al di là delle condotte persecutorie poste in essere per cui era stato denunciato non aveva dato segni di pericolosità tali da presupporre azioni violente. Messaggi intimidatori e video compromettenti erano stato cancellati dalla vittima, e la Procura, facendo scattare immediatamente in Codice Rosso il 26 ottobre, il giorno successivo aveva proceduto a perquisire l’abitazione del 41enne e a sequestrare i suoi supporti informatici, in primis i quattro cellulari. Dispositivi che, dopo una rapida copia forense, erano stati fatti analizzare. La Procura era in attesa della relazione sui contenuti (che è stata depositata giovedì). In base ai risultati sarebbe presumibilmente scattata la richiesta di divieto di avvicinamento. Non si è fatto a tempo. Anche perché Fandaj, da quando ha ricevuto la visita della polizia giudiziaria, non ha più dato fastidio a Vanessa. Sembrava si fosse rassegnato alla fine di quella relazione, e che dunque la querela avesse sortito gli effetti sperati. 


I QUESITI
Anche il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio, ha rivolto un’interrogazione al ministro Nordio chiedendo chiarezza: «La famiglia di Vanessa Ballan ha il diritto di sapere su quali criteri si fondava la “non urgenza” di intervenire stabilita dalla Procura e se le norme esistenti siano state applicate in maniera corretta». E si invoca l’intervento degli ispettori. Ma c’è un altro aspetto, non secondario. Dopo la presa in carico della denuncia, il fascicolo è passato nelle mani del sostituto procuratore Sabattini che fa parte del pool specializzato nei reati “Fasce deboli e violenza di genere”. Alle spalle ha di conseguenza anche la statistica di come si evolvono i fatti, una padronanza della materia riguardo la tempestività di intervento e, come detto, un margine di discrezionalità che le permette di agire in base allo studio del singolo caso. A parlare sono quindi anche i numeri: circa l’80% delle denunce che arrivano in Procura per molestie o stalking si chiudono con una sentenza di assoluzione. E in molti casi per “colpa” della vittima che, una volta istruito il fascicolo e spedito a processo il presunto molestatore, decide di ritirare la querela. Per i casi in cui la procedibilità è d’ufficio l’esito non cambia. Elementi che hanno spinto il pm, parlando del caso di Vanessa, di qualificarlo, appunto, come non urgente. Errore di valutazione? Sì, secondo il procuratore Martani. Ma non di procedura. E ancora: Fandaj non si era mai reso responsabile di episodi di lesioni. Il più grave era stato al supermercato dove lavorava Vanessa: il 41enne, testimone una collega, aveva spinto a terra la giovane mamma minacciandola di morte. Una condotta non sufficiente per chiedere la custodia cautelare in carcere, l’unica misura secondo Martani che avrebbe potuto impedire che Fandaj mettesse in atto il suo piano omicida. 
 

Ultimo aggiornamento: 24 Dicembre, 08:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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