Infortunio mortale nella cantina Ca' di Rajo. Marco morto nella cisterna per salvare il collega: «Lì non ci dovevano stare». Tragedia ripresa dalle telecamere

Fondamentale il filmato della videosorveglianza per ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente. Indagati i titolari

Sabato 16 Settembre 2023 di Maria Elena Pattaro
Infortunio mortale nella cantina Ca' di Rajo. Marco morto nella cisterna per salvare il collega: «Lì non ci dovevano stare». Indagati i vertici

SAN POLO DI PIAVE (TREVISO) - «Quando si verifica un infortunio mortale sul lavoro è normale che un’indagine presupponga di dare le dovute garanzie ai soggetti che si trovano in posizione di dover garantire la sicurezza dei lavoratori. Motivo per cui, in vista degli accertamenti che verranno effettuati, queste persone riceveranno gli opportuni avvisi, anche a loro stessa tutela». Il procuratore di Treviso, Marco Martani, non fa nomi. Ma sottolinea che i vertici operativi dell’azienda Ca’ di Rajo finiranno iscritti nel registro degli indagati. Al momento le notifiche non sono ancora state inviate. Nel fascicolo per omicidio colposo in mano al sostituto procuratore Giovanni Valmassoi, titolare delle indagini, c’è soltanto l’elezione di domicilio di Sandra De Giusti, la legale rappresentante della cantina di via del Carmine a San Polo di Piave, madre dei fratelli Simone, Alessio e Fabio Cecchetto, contitolari dell’azienda, per permettere alla magistratura di porre sotto sequestro l’autoclave all’interno della quale ha trovato la morte l’enologo Marco Bettollini, 46enne di Bassano del Grappa, nel tentativo di salvare la vita al collega e amico Alberto Pin, 31enne di Cordignano, tuttora ricoverato in gravi condizioni all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso. Le indagini, in attesa di una relazione dettagliata dello Spisal (ieri è stata depositata quella preliminare, ndr), sono appena all’inizio. Un tassello fondamentale sarà rappresentato dall’autopsia sul corpo di Marco Bettollini: è stata disposta ieri pomeriggio, ma si terrà probabilmente non prima di lunedì.

Infortunio mortale nella cantina Ca' di Rajo. Entra nella cisterna per salvare il collega, respira esalazioni e muore annegato nel vino


LE IMMAGINI
Nel fascicolo d’indagine sono però già presenti le immagini delle telecamere di videosorveglianza della cantina Ca’ di Rajo. L’azienda le ha messe a disposizione degli inquirenti subito dopo l’accaduto. Inquadrano il piazzale dove si trovano le autoclavi. Saranno analizzate nel dettaglio: la Procura è convinta che possano aver immortalato i momenti della tragedia, dall’ingresso di Alberto Pin nella cisterna al tentativo di soccorso di Marco Bettollini. O almeno i loro movimenti. Tutto per poter ricostruire in maniera puntuale le fasi precedenti l’infortunio, e individuare di conseguenza le eventuali responsabilità. Non solo: l’obiettivo è anche rispondere al perché sia stata compiuta una manovra così rischiosa, rivelatasi letale (e non prevista dai protocolli di sicurezza dell’azienda, ndr), quando le operazioni di pulizia si effettuano dall’esterno e quelle di manutenzione, come sottolineato dal procuratore Martani, «vengono affidate a una ditta esterna specializzata che utilizza particolari apparecchiature, come ad esempio delle maschere sistemiche, che impediscono il rischio di intossicazione da gas».

Nessun dipendente di Ca’ di Rajo, in altre parole, poteva entrare nell’autoclave. Segno che le procedure non sono state rispettate. Su questo punto verranno sentiti nei prossimi giorni, a sommarie informazioni, anche i dipendenti dell’azienda oltre ai responsabili.


LA RICOSTRUZIONE
Dalla prima relazione della polizia giudiziaria, i due enologi stavano lavorando sull’autoclave che, di lì a poco, doveva essere riempita di spumante dopo essere svuotata dei residui di vino presenti. All’interno c’erano dai 20 ai 30 centimetri di prodotto. Il resto dell’autoclave era zeppo di azoto, utilizzato per il mantenimento dello spumante che, a contatto con l’ossigeno, diventerebbe altrimenti schiuma. Gli accertamenti dello Spisal dovranno stabilire se tutti i dispositivi di rilevazione funzionassero a dovere. Di certo c’è che Alberto Pin ha aperto un bocchettone posto a lato della cisterna. Un’apertura ellittica da circa 60 centimetri per 40. Un passaggio stretto che, una volta varcato, risulta una trappola. Una volta all’interno, anche se ci fosse ossigeno e non ci sia presenza di alcun gas, la fuoriuscita per la conformazione dell’autoclave risulterebbe in ogni caso molto complicata. Quando il 31enne è entrato, è svenuto nel giro di un massimo di 30 secondi. Il collega, non vedendolo uscire, ha tentato di salvarlo ma a sua volta è rimasto intrappolato, finendo a testa in giù nella cisterna per poi morire annegato (questa è l’ipotesi più probabile) nei pochi centimetri di vino presenti. 

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Ultimo aggiornamento: 15:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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