Altivole. Gesti intimidatori contro l'attivista «no Pedemontana»: pelli scuoiate in giardino. «Atti di stampo mafioso»

Nel mirino Osvaldo Piccolotto, tecnico del Comune di Bassano del Grappa che ha denunciato il fatto ai carabinieri: «La coincidenza è che il 28 aprile il giudice della Corte d’Appello di Venezia aveva comunicato la data dell’udienza in merito al ricorso per i danni subiti da mio padre da parte della Spv»

Martedì 9 Gennaio 2024 di Mauro Favaro
Altivole. Gesti intimidatori contro l'attivista «no Pedemontana»: pelli scuoiate in giardino. «Atti di stampo mafioso»

ALTIVOLE (TREVISO) - Due pelli di agnello scuoiate lasciate nel suo giardino all’interno di un sacco. E poi anche un mazzo di rose con i fiori tagliati. Sono le cose che Osvaldo Piccolotto, tecnico del Comune di Bassano, ma soprattutto uno dei riferimenti del comitato contro la superstrada Pedemontana, ha trovato a circa 150 metri dalla porta della sua casa ad Altivole. «Gli atti intimidatori di stampo mafioso nelle grandi opere in Veneto devono essere condannati apertamente dalle istituzioni e dalla politica», mette in chiaro Maria Teresa Turetta, del sindacato Cub pubblico impiego, confederazione unitaria di base.


LA VICENDA
Le due pelli di agnello sono state trovate lo scorso 29 aprile in un sacco trasparente. «La coincidenza è che il 28 aprile il giudice della Corte d’Appello di Venezia aveva comunicato la data dell’udienza in merito al ricorso per i danni subiti da mio padre da parte della Spv – spiega Piccolotto facendo riferimento al braccio di ferro sull’esproprio dei terreni per far spazio alla superstrada – attraverso il sacco si riusciva a vedere solo la pelle interna e sangue, con un cattivo odore di putrefazione. Non ho voluto aprirlo, se non in presenza delle forze dell’ordine». Prima è stata avvertita la polizia locale. E di seguito i carabinieri di Riese Pio X, che hanno ricevuto la segnalazione. «I carabinieri hanno effettuato il sopralluogo il 2 maggio. In quell’occasione abbiamo aperto il sacco e visto che c’erano due pelli d’agnello – dice Piccolotto – dall’altra parte della recinzione erano visibili i segni lasciati da qualcuno che si era fermato, ed era anche scivolato, per gettare il sacco, intenzionalmente. Ho avvisto i carabinieri della coincidenza della data del ricorso, dove oltre a mio padre sono coinvolto anch’io nell’impegno a far emergere la verità sulla vicenda Spv».


L’ALTRO FRONTE
Restando in tema di questioni legali, il 14 febbraio si terrà l’udienza che vede lo stesso Piccolotto citato per danni: gli vengono chiesti 623mila euro a titolo di risarcimento per aver bloccato il cantiere della Pedemontana per sei mesi. «È questa che io considero la vera intimidazione – specifica – tanto più che il blocco del cantiere ovviamente era stato deciso dal giudice». Un’altra partita. «Indipendentemente da come la si pensi sul tema delle grandi opere, l’ombra della violenza e delle mafie va scacciata dai cantieri e dal contesto sociale veneto – conclude Turetta – si tratta di una linea rossa invalicabile.

Contiamo vivamente che le istituzioni, la politica, la società civile, il mondo produttivo nonché il resto del sindacato si schierino apertamente a difesa dei capisaldi della legalità e in solidarietà al collega attivista Piccolotto».

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