Mauro Benetton nella Fondazione Imago Mundi: «La Treviso del futuro? Ponte con la Biennale»

Venerdì 6 Maggio 2022 di Elena Filini
Mauro Benetton davanti alla scultura "Kollina" alle Gallerie delle Prigioni

TREVISO - «La nostra città? Potrebbe diventare un ponte con la Biennale in terraferma. Treviso è un’opera d’arte a cielo aperto, per il futuro vogliamo lavorare sul contemporaneo e cercare la creatività in ogni luogo del mondo». Mauro Benetton è il primogenito del signor Luciano. Con il fratello minore Alessandro sta costruendo l’orizzonte di impegno della seconda generazione dei Benetton. 60 anni quest’anno, tre figli e un grande amore per la sua città d’origine, ha dato il primo segno evidente alla vicepresidenza di Imago Mundi con il “salvataggio” di una maxi-scultura trasportata da Leopoli a Treviso. Ieri ha fatto il suo ingresso pubblico nel board della Fondazione voluta da Luciano Benetton e declinata al concetto di arte democratica. «Sono un osservatore, non un collezionista. Vado d’istinto. Nel lavoro così come in questo nuovo ruolo cerco di portare una delle mie grandi convinzioni: bella la voce sola, ma vuoi mettere la potenza del coro?».

Il che tradotto, significa: il futuro è nella rete e nelle collaborazioni in campo artistico?

«Proprio così. Intanto il primo partner con cui dialogare è il Comune di Treviso. Con il sindaco stiamo già trovando sintonia: avremo incontri a cadenza regolare per capire come rendere sempre più fruibili i nostri patrimoni, cosa possiamo aggiungere noi alla promozione e all’offerta della città. Poi ci saranno le altre grandi fondazioni: dobbiamo articolare le nostre azioni e dare a tutto un respiro ampio».

Ma con il Comune avete parlato anche di biglietto unico?

«Noi siamo forse meno interessati alla questione del ticket unico. Quello che ci interessa è che lo sforzo che viene fatto trovi un riscontro di pubblico sempre più ampio. Mi piace pensare al futuro di Treviso come ponte per la Biennale. E’ vero che manchiamo di strutture alberghiere di un certo standard, ma non è detto che gli stimoli non aiutino a crescere anche su questo fronte».

Come nasce amore per l’arte?

«A Nordest siamo immersi nell’arte, la abitiamo da sempre. Ma credo che nel mio caso la passione si sia nata dal fatto che sin da giovane ho respirato l’aria dei colori Benetton e questo ha influito molto sulla sensibilità con cui mi rapporto al mondo degli artisti».

Come è avvenuto il passaggio di testimone?

«Non è avvenuto, in effetti. Mio padre è ancora molto attivo e con idee chiarissime. Io mi prefiggo di essere complementare alle esigenze della Fondazione, lasciando a lui il timone e la creatività».

Che rapporto la lega a suo fratello Alessandro con cui sta già condividendo progetti e investimenti come ad esempio 21 WOL a Milano?

«Il mio rapporto con Alessandro è profondo. Non è solo il fratello ma l’amico. Siamo molto diretti l’uno con l’altro, liberi di poterlo fare perchè lavoriamo assieme da moltissimi anni e stiamo cercando di costruire valore per la seconda generazione al di fuori di quello che ereditiamo. Io porto la mia competenza commerciale e lui porta il lungo percorso 21 Invest che lo ha portato ad essere un manager di successo».

Ma, lavoro a parte, condividete altre cose?

«Lo sport. Usciamo in bicicletta andiamo a giocare a padel. Quando possiamo, perchè in effetti siamo abbastanza impegnati, Alessandro soprattutto viaggia molto».

Come avete pensato al progetto sull’Ucraina?

«La spinta è data dall’attualità. Quello che stiamo vivendo è terribile, il peggiore dei film possibili. Ma la modalità è tutta nostra: facciamo tesoro degli insegnamenti di mio padre. Non ha mai cercato l’artista famoso ma sempre la creatività, non gli è mai interessato quello che già tutti riconoscono».

Il suo legame con Treviso?

«Ho vissuto a Parigi e poi in Svizzera. Ma Treviso è per me la città perfetta per dimensione e per bellezza. E’ un capolavoro non riproducibile. Per questo dobbiamo dotarla di servizi adeguati al turismo».

Come vede il futuro della Fondazione Imago Mundi?

«Nella rete con le altre grandi Fondazioni. Dobbiamo creare un pool: abbiamo ragionato così prestando le nostre opere ucraine al MAXXI di Roma. I nostri sforzi non devono rimanere circoscritti ma devono diventare la voce di tutti».

Una domanda su suo padre, il signor Luciano. Qual è l’insegnamento più importante?

«Non è facile portare questo cognome, ma è stato un privilegio nascere in questa famiglia. Mio padre ha sempre sostenuto che le scorciatoie di oggi sono gli handicap di domani. E, anche con noi figli, che i privilegi sono un boomerang. Bisogna fare il proprio percorso, sbagliare se necessario e arrivare da soli alla soluzione. Cerco sempre di ispirarmi a questo». 

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