«Gli ultimi giorni di Van Gogh», il diario "ritrovato" dell'artista scritto da Marco Goldin

Martedì 13 Settembre 2022 di Nicoletta Cozza
Marco Goldin ha scritto un libro su Van Gogh

TREVISO - Due mesi e mezzo di un tempo sospeso. I 70 giorni in cui Vincent Van Gogh visse per l'ultima volta, scrivendo meno lettere del solito e parlando poco dei suoi quadri. L'idea, quindi, è stata di cercare di colmare quei vuoti, prestandogli oggi voce e parole, fino ad arrivare, attraverso un grande approfondimento psicologico, a farlo entrare nel meccanismo del suo pensiero. E della sua anima. Con una sintonia per certi versi persino inquietante tra due persone, autore e protagonista, distanti quasi un secolo e mezzo, ma che alla fine porta a un risultato assolutamente verosimile. Marco Goldin, storico dell'arte, scrittore, curatore di mostre di grande successo e uno dei massimi esperti del genio olandese, dunque, è partito da qui per scrivere il libro intitolato appunto "Gli ultimi giorni di Van Gogh".

Il diario ritrovato (edizioni Solferino), che sarà in vendita da oggi, 13 settembre.


L'ESPEDIENTE
L'autore ricorre a un originale escamotage letterario, immaginando che Arthur Gustave Ravoux, il titolare della locanda di Auvers dove il pittore trascorse il periodo finale della sua esistenza, nel rifare la stanza dell'artista abbia trovato in un cassetto socchiuso dello scrittoio un quaderno un po' lacero, di pelle verde scura, che conteneva un diario che Vincent aveva iniziato a comporre il 15 maggio 1890, prima di arrivare nella cittadina del nord della Francia, dove poi sarebbe morto suicida nella notte tra il 28 e il 29 luglio. Anni di studi meticolosi, che hanno portato Goldin ad avere una conoscenza profondissima di Van Gogh e hanno fatto sì che, con grande sensibilità, sia riuscito a mettere insieme i tasselli mancanti di questo metaforico puzzle: a sortirne un racconto in prima persona lungo 230 pagine, in cui però la narrazione non si scosta dalle fonti storiche, in primis dalle lettere che il pittore inviava soprattutto al fratello Theo.


I CARDINI
Il progetto aveva preso forma nel 2017, quando il curatore stava preparando la mostra di Vicenza dedicata al Maestro originario di Zundert. «Cinque anni fa avevo iniziato con le prime 15 pagine del diario che volevo scrivere, a nome e per conto di Van Gogh, sulle sue ultime settimane - racconta -. Preso e travolto da mille cose non sono andato avanti, e nel frattempo ho curato l'esposizione di Padova e la biografia uscita due anni fa che raccoglie le sue lettere. Adesso, quindi, ho deciso di riprenderlo e finirlo. Nelle prime pagine immagino che Ravoux trovi appunto il diario nella camera di Vincent, lo riponga e non ne parli con nessuno, nemmeno con Theo, e poi nell'epilogo aggiungo che torna a recuperarlo, e si commuove, con un finale che secondo me è molto bello e ti prende».

Su quanto ci sia di vero e quanto di romanzato, l'autore sottolinea: «Ho scritto con grande trasporto, ma tutto il lavoro si basa su studi, documenti, lettere, e sui fatti che lui racconta in queste ultime, anche se non sono una cronaca, ma descrivono i suoi processi mentali, le cose che sta facendo, sempre rigorosamente legate alla pittura e non agli accadimenti quotidiani. I mesi finali sono per Van Gogh un tempo sospeso, del quale mancano molti elementi che ricostruisco nel libro, strutturato su piani diversi. Il primo è un grandissimo approfondimento psicologico, ed è un aspetto fondamentale. Credo di poter dire di essere entrato in sintonia con lui e quindi gli faccio esprimere tante cose verosimili. È chiaro che il volume l'ho scritto io, ma non contiene nulla che lui non abbia pensato. Ritengo di esserci riuscito, e alcune anticipazioni sui social hanno fatto esclamare a chi le ha lette ma guarda come scriveva bene Van Gogh. Inoltre, colmo i periodi in cui non ci sono missive e lo faccio raccontandoli attraverso i suoi quadri, dei quali parla un po' meno in quei due mesi e mezzo, anche se ne ha dipinti ben 77, più di uno al giorno. Descrivo, per esempio, lui che esce dalla pensione, le strade che percorre, le persone che incontra, o i luoghi dove arriva per dipingere».
Ci sono poi i flashback che consentono al lettore di conoscere Van Gogh come era prima di questo periodo. «Da immagini, da profumi, odori e suoni, un po' proustianamente lo faccio tornare all'infanzia, alla giovinezza, come nelle prime pagine dedicate al padre, che sono tra le più intense, o al rapporto con i fratelli, oppure con Gauguin - annota il curatore - . Poi, un elemento fondamentale della sua pittura è la natura, e qui attingo alla mia conoscenza dei luoghi dove ha vissuto e lavorato: con i ricordi a ritroso descrivo per esempio la miniera nella regione del Borinage dove fece i primi disegni, parlo poi di Auvers, delle colline, dei campi di grano, dei cieli, della casa di Daubigny dove andava a dipingere, ma di cui non ha mai parlato. E infine il 25 luglio, alla vigilia dello sparo, gli faccio scrivere le pagine sul suo rapporto con Dio».


LE CURIOSITÀ
Alla fine dei capitoli Goldin ha inserito un glossario, in cui si sofferma sui 41 personaggi citati nei capitoli, e sui membri della famiglia dell'artista. Ma che cosa c'è di nuovo nel ritratto di Van Gogh che emerge dal diario? «Continuo sulla mia strada che è quella di sfrondare completamente la figura di Van Gogh da tutte le categorie dei luoghi comuni, in base ai quali era povero, o era pazzo, o alla versione che sarebbe stato ucciso, che non è suffragata da nessuna prova, mentre ce ne sono che confermano che si è sparato. Ecco, in questo che non è un saggio ma un romanzo, io cerco di scrostare la sua immagine da queste interpretazioni. Per esempio, la sua situazione economica era solida e poteva contare su 200 franchi al mese, quasi il doppio della paga di un impiegato, che gli dava il fratello Theo, uno dei mercanti di quadri più bravi dell'epoca, in cambio delle sue opere»
Goldin ha voluto mettere in luce pure il fatto che il Genio olandese fosse innamorato della vita, non avesse pensieri di morte e infatti nel prologo inserisce una frase tratta da una missiva del 2 luglio 1890 in cui l'artista afferma proprio questo. «Vincent era una persona che sentiva di avere una missione, che era quella di spargere semi di bellezza e colori nuovi nel mondo. Una volta che ha fatto tutto questo, e in pochissimi anni, ha sentito che era il momento di andarsene e ha compiuto questo gesto. La sua malattia peraltro mai diagnosticata, è malinconica. Dal libro esce alla fine il vero Van Gogh, mai tragico, ma che si dà, che si consegna».


LA PRESENTAZIONE
Per presentare in prima assoluta il romanzo lo storico dell'arte ha scelto la sede dell'antico lanificio Paoletti a Follina dove sabato alle 18,30 proporrà un recital gratuito sugli ultimi giorni di Van Gogh, anticipando il tour teatrale, con musiche di Franco Battiato, che partirà il 5 novembre. «Fa parte de I borghi più belli d'Italia, ed è una una zona dove ho scritto quasi tutti i miei libri, tra cui l'ultimo, da due anni diventata sito Unesco per la meraviglia dei suoi paesaggi. Aspetto tutti con gioia per una grande festa nel nome di un personaggio, Van Gogh, che suscita ancora oggi emozioni incredibili e irripetibili».

 

Ultimo aggiornamento: 10:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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