Consumo di alcol tra i giovani: ogni mese in 15 finiscono in pronto soccorso

In alcuni casi in concomitanza con l’uso di stupefacenti: e sono già 86 finiti in ospedale

Venerdì 14 Luglio 2023 di Mauro Favaro
Consumo di alcol tra i giovani: ogni mese in 15 finiscono in pronto soccorso

TREVISO - Solo negli ultimi sei mesi sono stati 86 i giovani arrivati nei pronto soccorso della Marca a causa di problemi legati all’abuso di alcol.

A volte direttamente in coma etilico. Vuol dire un caso ogni due giorni. L’impressionante cadenza è stata evidenziata nell’indagine fatta nell’ambito dell’Osservatorio sulle dipendenze, supportato da AscoPiave, che vede la partecipazione di Usl, Comuni, prefettura, scuole e forze dell’ordine. A destare preoccupazione è in particolare il fatto che in alcune occasioni l’abuso di alcol si somma all’uso di droghe. E i rischi crescono a dismisura. Anche per quanto riguarda la strada. Basti pensare che l’anno scorso in oltre il 6,2% dei 2.393 incidenti stradali chi era alla guida aveva abusato di alcol o aveva assunto sostanze psicotrope. E alla fine più del 10,5% delle morti sulle strade della Marca, 7 sul totale di 66, hanno coinvolto proprio persone in uno stato di alterazione correlato ad alcol o droghe. «In generale l’assunzione di alcol è aumentata del 6% – spiega Francesco Benazzi, direttore generale dell’Usl trevigiana – ma le 86 persone arrivate in pronto soccorso non bevevano in modo continuativo. Il problema riguarda proprio lo sballo da alcol». Insomma, giovani che assumono in una sola sera grandi quantità di superalcolici. Binge drinking, viene chiamato. 


L’OBIETTIVO
L’obiettivo dell’Osservatorio è proprio quello di arrivare a mettere in campo tutte le possibili azioni di prevenzione. «Anche in collaborazione con i gestori dei locali», apre il direttore generale. Allargando l’orizzonte, di seguito, la media dice che sono oltre 700 le persone che vengono ricoverate ogni anno negli ospedali trevigiani a causa di problemi legati all’alcol. E a queste si aggiungono più di 200 ricoveri per disturbi collegati all’uso di droghe. L’anno scorso il servizio per le dipendenze (Serd) ha seguito più di 3.700 persone. Quasi 130 sono minorenni. Nell’ambito delle droghe, nello specifico, 52 utenti hanno meno di 17 anni. Mentre sul fronte dell’alcol ci sono 8 utenti che devono ancora compiere 19 anni. Quattro giovanissimi, inoltre, stanno cercando di superare il problema del gioco d’azzardo patologico. A livello generale, poi, nei primi sei mesi di quest’anno il Serd ha già accolto altre 586 persone: tra le altre, 225 per disturbi da uso di sostanze e 152 per disturbi da uso di alcol. Non è tutto. «Non ci sono solo giovani in difficoltà: oltre il 75% coltiva delle aspettative positive in ambito lavorativo, professionale e affettivo – chiarisce Roberto Manera, direttore del dipartimento per le Dipendenze – Certo, in questo periodo sono aumentati i casi di isolamento sociale, di ansia e di altri disturbi dello sviluppo». 


IL FENOMENO
Dopo l’emergenza Covid sono cresciuti i casi di Hikikomori. Di fatto giovanissimi che si ritirano nella propria stanza e non vogliono più uscire. È la punta di un iceberg alimentato in modo particolare dalla dipendenza da internet e dai social. «Spesso ragazzi tra i 10 e i 15 anni – specifica Benazzi – per questo aspetto puntiamo a rilanciare quanto prima il progetto “Qwert”. Si tratta di un social network controllato attraverso il quale è possibile dare ai ragazzi messaggi positivi, cercando di ridurre progressivamente la dipendenza dal web, fino a un massimo di due o tre ore al giorno, per poi far definitivamente terminare l’isolamento sociale». La dipendenza da social pone una questione di salute. Ma anche di sicurezza. E’ sufficiente pensare alle sfide, le cosiddette challenge, che spopolano tra i giovanissimi. Alcune molto pericolose. «Il rischio è che dei ragazzi perdano il contatto con la realtà. E questo vuol dire perdere il contatto con la vita, che poi perde valore e quasi non merita più rispetto – avverte Rita Cascella, vicario del questore – in famiglia bisognerebbe davvero pesare quanto i figli restano a contatto con i social. Bisognerebbe avere il coraggio di razionalizzare questo tempo andando proprio a contare le ore». La scuola è in prima linea. E non potrebbe essere diversamente. «È fondamentale rafforzare il patto tra le famiglie, la scuola e le istituzioni – tira le fila Barbara Sardella, dirigente dell’ufficio scolastico di Treviso – per quanto riguarda l’isolamento sociale ci sono anche progetti specifici per contrastare l’abbandono scolastico. Ma solo attraverso la collaborazione è possibile centrare l’obiettivo». 

Ultimo aggiornamento: 07:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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