Giallo di Cornuda, analisi sui cellulari. Il ventenne: «Mi aveva già fatto avances, l'avevo respinto»

Domenica 12 Luglio 2020 di Alberto Beltrame
L APPARTAMENTO in via Manin a Cornuda dopo l intervento di venerdì mattina dei vigili del fuoco e dei carabinieri
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CORNUDA - Tentato omicidio, sequestro di persona, tentata violenza sessuale e lesioni. Sono il ventaglio di ipotesi di reato che sta valutando la Procura dopo l’apertura del fascicolo sul caso del 20enne bellunese legato ad una sedia e trattenuto per due interminabili giorni nell’abitazione di un 63enne di Cornuda, tuttora ricoverato in prognosi riservata dopo il colpo ricevuto alla testa da parte del giovane, soccorso venerdì mattina in via Manzoni da vigili del fuoco e carabinieri dopo essere riuscito a liberarsi.
«Mi ha legato e mi vuole dare fuoco» l’sms inviato alla madre dal ragazzo prima dell’arrivo dei soccorritori, allertati dai vicini di casa che avevano avvertito un forte odore di benzina provenire dall’appartamento del 63enne, rimasto con le tapparelle abbassate per un paio di giorni. Sia il 20enne che l’amico di famiglia, al quale il giovane portava da mangiare durante un lungo periodo di malattia, verranno indagati dalla Procura. Un atto dovuto per chiarire con precisione l’escalation conclusa con il ritrovamento dei due, nudi e in stato di choc, nell’appartamento stracolmo di benzina di via Manzoni, il ragazzo con i segni a torso e braccia delle corde con cui sarebbe stato legato a una sedia, il sessantenne con una profonda ferita al capo per il colpo sferrato dal giovane utilizzando una statuetta di marmo trovata nell’appartamento. Il 63enne, ancora sedato e intubato, è stato trasferito nelle scorse ore all’ospedale di Montebelluna dopo un primo ricovero in terapia intensiva al Ca’ Foncello, mentre il 20enne, medicato al San Valentino, è già rientrato a casa. Per il momento, assieme al suo legale, il giovane ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere davanti agli investigatori.
LA RICOSTRUZIONE
Mercoledì scorso il ragazzo, residente a Quero, era uscito di casa al mattino presto ed era andato a trovare il 63enne a Cornuda. Non è chiaro quale fosse il motivo della visita, ma il giovane conosceva quell’amico di famiglia da diverso tempo. Lui e i suoi genitori lo avevano aiutato durante un periodo difficile, e il 20enne, stando a quanto emerso, aveva anche respinto un suo approccio. «Tempo fa mi aveva detto che era omosessuale - ha raccontato ai genitori -, mi aveva fatto delle avances ma lo avevo respinto». Nella stessa giornata, forse costretto dal sessantenne, ha inviato un sms ai genitori in cui diceva di essere andato al mare con un’amica, e che sarebbe tornato il giorno successivo. All’una della stessa sera ha avuto un contatto via WhatsApp con un amico, poi più nulla, neanche giovedì. Non rispondeva più al telefono. «Mercoledì mattina sono passato da lui per vedere come stava, ho fatto un sonnellino e lui ne ha approfittato per legarmi polsi e caviglie e spogliarmi. Mi ha lasciato senza cibo né acqua legato a una sedia– ha raccontato il giorno successivo, venerdì, quando i vigili del fuoco lo hanno trovato nudo e sotto choc nell’appartamento di via Manzoni –. Mercoledì sera mi ha obbligato a scrivere ai miei genitori che ero a Jesolo e che sarei rimasto a dormire fuori, poi lo ha rifatto il giorno dopo. Mi voleva violentare. Mi diceva che se avessi provato a chiedere aiuto mi avrebbe bruciato vivo». L’uomo, dopo la violenza o il tentativo di violenza, avrebbe insomma legato il giovane per impedirgli di scappare. E a quel punto la situazione sarebbe ulteriormente degenerata. 
GLI ACCERTAMENTI
Il sostituto procuratore Paolo Fietta, che sta coordinando le indagini dei carabinieri di Montebelluna del comandante Gabriele Favaro, spera di poter sentire, nei prossimi giorni, anche il 63enne, (responsabile nel 1984 dell’omicidio della madre adottiva, Antonia Parolin, uccisa con un colpo di pistola a San Zenone degli Ezzelini), le cui condizioni, seppur gravissime, sarebbero in leggero miglioramento. Nel frattempo gli investigatori, ai quali il ragazzo ha fornito una prima versione dei fatti, al momento considerata attendibile, hanno programmato una serie di accertamenti tecnici, a partire dall’analisi dei cellulari del giovane e del sessantenne. Verranno eseguiti anche dei rilievi sulla statuetta considerata l’arma utilizzata dal 20enne per difendersi, e sui segni di costrizione sul corpo del giovane, così da riuscire a dipanare gli ultimi dubbi su un caso ancora da chiarire del tutto.
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Ultimo aggiornamento: 13 Luglio, 11:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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