Focolaio nella Marca, un'altra kosovara infetta: «Bloccate gli arrivi»

Giovedì 9 Luglio 2020 di Mauro Favaro
Da più fronti arrivano richieste di aumentare i controlli negli aeroporti

TREVISO - Scatta l'allerta per le persone che rientrano dai Balcani. In soli due giorni sono emersi tre contagi legati a chi è tornato nella Marca dal Kosovo: una donna di 55 anni, un uomo di 67 (due casi distinti tra loro) e la nuora di quest'ultimo. Ieri è risultata positiva al coronavirus la donna di 55 anni arrivata nel trevigiano domenica per far visita alla figlia. Il primo sospetto è nato per una febbriciattola che non l'abbandonava. Da qui la decisione di fare il tampone. Ed è arrivata la conferma del contagio. Adesso la 55enne si trova in isolamento domiciliare. Anche la sua famiglia, a partire dalla stessa figlia, è stata messa in quarantena. Nelle prossime ore verranno tutti sottoposti al tampone di controllo. Nel frattempo non possono avere contatti con nessuno per non rischiare una diffusione del Covid-19.
Solo 24 ore prima era emersa la positività di un uomo di 67 anni della zona di Treviso rientrato tre settimane fa, esattamente il 17 giugno, sempre dal Kosovo. I due casi non sono collegati. Si tratta di due nuclei familiari totalmente distinti. L'uomo non presenta sintomi legati direttamente al coronavirus. Martedì si era rivolto d'urgenza al pronto soccorso dell'ospedale di Treviso per un infarto. Come dettano le linee guida, i medici lo hanno sottoposto al tampone. Ma non hanno potuto aspettare l'esito. Il 67enne è stato trasferito direttamente in sala operatoria e gestito fin da subito come se fosse positivo al Covid-19. E così è stato. L'operazione al cuore è riuscita. L'infarto potrebbe essere nato come complicanza legata al Covid? Ad oggi non si hanno certezze. Dopo il passaggio nell'unità di Terapia intensiva cardiologica (Utic), adesso si trova in isolamento nel reparto di Malattie infettive del Ca' Foncello. 

IL FOCOLAIO
Il centro di Microbiologia ha già eseguito i primi controlli sui familiari che convivono con l'uomo. E anche la nuora è risultata contagiata dal coronavirus. Quanto basta per inquadrarlo come un focolaio. Il figlio, invece, è negativo. Adesso si attendono gli esiti dei tamponi eseguiti sulla moglie e sui due nipotini. Il 67enne non lavora. Un aspetto, questo, che ha permesso di restringere il campo della ricerca di eventuali altri contagiati. Prima dell'infarto l'uomo stava bene. L'infezione da Covid-19, cioè, non gli aveva causato alcun sintomo visibile. Tanto che una settimana prima di correre al pronto soccorso era stato più volte a Jesolo in giornata. Ricostruire tutti i contatti avuti dal 67enne negli ultimi 14 giorni è di fatto impossibile. Quel che più conta, però, è che almeno una parte di quelli più stretti, a partire dal figlio, non hanno contratto il coronavirus. E questo lascia pensare che ci sia una bassa carica che limita la contagiosità. 

L'ALLARME
Certo, resta da capire se anche la moglie e i due nipotini sono stati colpiti dal Covid-19. In tutto ciò adesso si pone prepotentemente il nodo di come gestire i rientri nella Marca dall'area dei Balcani. «La maggior parte dei focolai a livello regionale oggi sono di importazione - avverte Roberto Rigoli, direttore del centro del Microbiologia dell'ospedale di Treviso e coordinatore di tutte e 14 le Microbiologie del Veneto -  in situazioni di pandemia bisogna bloccare l'arrivo di persone da zone dove sono presenti dei focolai importanti. Anzi, dovrebbero essere questi stessi Paesi a dichiarare la zona rossa, in modo che non ci siano spostamenti. A riguardo l'Italia, e in particolare il Veneto, è stato un buon esempio». Sulla stessa linea c'è anche Francesco Benazzi, direttore generale dell'Usl della Marca: «Da noi il virus ha perso forza e virulenza. Quelli che vengono dall'estero, soprattutto dall'area non Schengen, dove evidentemente non è stato fatto il lavoro che è stato fatto nel Veneto, sono dei virus che invece hanno ancora una forza tale da provocare casi anche con sintomi importanti spiega noi siamo comunque sempre pronti a intervenire. Ogni volta che emerge la positività di una persona, attraverso i controlli nell'accesso agli ospedali o con i tamponi prescritti dai medici di famiglia, si attiva immediatamente il servizio Igiene e sanità pubblica per andare a vedere se ci sono dei contatti, nel luogo di lavoro o in altri ambiti, che sono stati a loro volta contagiati». 
 

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