Il Covid distrugge i negozi: uno su 4 rischia di chiudere. E in più c'è lo "stress da crisi": per i commercianti adesso arriva lo psicologo

Mercoledì 27 Gennaio 2021 di Elena Filini
Il Covid distrugge i negosi: uno su 4 rischia di chiudere. E in più c'è lo "stress da crisi": per i commercianti adesso arriva lo psicologo
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TREVISO Come nel resto del Veneto, anche a Treviso i numeri del Covid nel commercio e nei servizi sono da guerra. Almeno 2.000 attività, cioè una su quattro, rischiano di chiudere. Nel settore dell'abbigliamento, ogni negozio lamenta mediamente giacenze per 50.000 euro a stagione. Nei ristoranti e nei bar, servono 20 anni di mutuo per ripianare debiti stimati fra 20.000 e 60.000 euro. Ma degni di un conflitto sono pure gli effetti sulle persone, tipici del disturbo post traumatico da stress. A soffrirne sono soprattutto le categorie più bistrattate: baristi, ristoratori, albergatori e settore moda. Prima che la situazione sfugga di mano, Ascom ha deciso di intervenire organizzando un ciclo di lezioni con Fabiana Birello, psicoterapeuta del lavoro, per affrontare l'angoscia da sconfitta economica. Durante le lezioni, già esaurite, si analizzano sintomi psicologici e fisici, dal lavaggio compulsivo al malessere gastrointestinale, provando a far leva sulle proprie energie nascoste. 
SEMPRE PEGGIOLe persone stanno sempre peggio e si vede. «Purtroppo conferma Birello i disturbi psicosomatici sono in rapido aumento. Sono una sentinella del malessere generato da 11 mesi di pandemia. Nel dettaglio, osserviamo un aumento consistente di disturbi gastrointestinali, reazioni cutanee, cefalee. In aumento i disturbi cardiovascolari, in particolar modo l'ipertensione. A livelli diversi: le persone generalmente tranquille osservano qualche disturbo, le persone che già hanno tendenza a somatizzare, sviluppano stati ipocondriaci più evidenti». Secondo l'esperta, rispetto alla prima ondata, l'ansia è aumentata: «All'inizio c'era l'angoscia, il grande punto di domanda. Oggi, bombardati da mille informazioni, abbiamo avuto un picco ansiogeno enorme. Basta leggere positivo nel referto e tutti temono il ricovero e l'intubamento». A questo è legata anche l'ossessione del lavaggio: «I pazienti arrivano e ci dicono: non riesco a smettere. Donne che si igienizzano i capelli e ripassano con l'amuchina tutta la spesa. Attraverso il lavaggio compulsivo si cerca di buttare fuori la propria ansia: più mi lavo le mani, più mi sento al sicuro».
CAMBIAMENTO E TECNOSTRESSDal virus, certo.

Ma il trauma è più ampio, secondo Birello: «Il cambiamento in atto non è stato voluto, scelto, ma ci è stato imposto. E in genere la psiche è refrattaria al cambiamento». C'è poi il peso del cosiddetto tecnostress, provocato dall'eccessivo utilizzo di tecnologie. «Privato e professione si mescolano riflette la psicoterapeuta , ci si trova a convivere con differenti esigenze digitali e passare la maggior parte del tempo davanti allo schermo. In questi mesi si sono osservati disturbi muscolari e del campo visivo. E anche fatica nel sonno. Quando si vive una situazione emotivamente forte come la pandemia, l'emozione si ferma non viene esternata e vissuta in maniera completa. Poi, a distanza di tempo, arriva magari l'attacco di panico. Noi oggi stimiamo che gli effetti della pandemia saranno a lungo raggio: la mente oggi un po' ci protegge, ma fra un po' di tempo non terremo più il controllo su questa cosa. Le cicatrici saranno notevoli». Qual è allora la risposta terapeutica? «La resilienza è la capacità che una persona può sviluppare nel trovare del positivo in tutto. La pandemia ci deve aiutare a trovare le nostre vere risorse interiori. Il primo passo è la consapevolezza: per prima cosa chiediamo alle persone di individuare i propri punti di forza e di assecondarli».

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