Cassamarca, Garofalo neopresidente
taglia subito i compensi: «No fusioni»

Mercoledì 12 Dicembre 2018 di Paolo Calia
Luigi Garofalo
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TREVISO - Conti in ordine, trasparenza, riduzione dei compensi destinati agli amministratori, “no” a ogni ipotesi di fusione che abbia anche lontanamente le sembianze di una sorta di salvataggio per chi è sull’orlo del baratro. Luigi Garofalo, nuovo presidente di Fondazione Cassamarca, riparte da qui. Trevigiano doc, 62 anni, avvocato con studio nel cuore del centro storico, docente universitario a Padova: questo l’identikit del successore di Dino De Poli, per 26 anni di seguito sovrano assoluto di Ca’ Spineda. Garofalo ne raccoglie l’eredità: ieri mattina il nuovo Consiglio d’indirizzo lo ha nominato all’unanimità presidente indicando come suo vice Ubaldo Fanton, ex assessore provinciale all’Urbanistica ai tempi di Luca Zaia. 
Presidente Garofalo, parlando di Fondazione Cassamarca non si può che partire dai conti.
«Il primo obiettivo della Fondazione è avere i conti in ordine e tutto verrà stabilito con decisioni interne prese all’insegna della massima trasparenza e della comunicazione permanente. Verificheremo i bilanci, che dovranno essere assolutamente allineati con la realtà». 
Questo è un primo passo. Darete anche un altro segnale?
«
I compensi degli amministratori saranno più che contenuti, anche loro allineati alle possibilità dell’ente. Il nuovo consiglio ha comunque tutte le professionalità necessarie per lavorare al meglio: ci sono docenti universitari, avvocati, urbanisti, commercialisti. Tutti profili di altissimo livello».
La precedente gestione della Fondazione è stata più volte accusato di essere troppo chiusa.
«Premetto che il presidente De Poli non posso fare altro che ringraziarlo e non sarà semplice raccogliere la sua eredità. Detto questo, ci sarà dialogo e coinvolgimento con le altre istituzioni, associazioni ed enti come comuni, Camera di Commercio, Università, privati e chiunque abbiamo un interesse con la Fondazione. Avremo un dialogo costante».
Tornando ai conti: resta il macigno dei 200 milioni di euro di debiti con Unicredit legati alla realizzazione della cittadella delle Istituzioni all’Appiani, a poca distanza dalle Mura della città.
«E chi ha detto che i debito ammontano a 200 milioni? Mi risulta che il debito sia inferiore».
A quanto ammonta?
«Il macro-debito (con Unicredit ndr) legato all’Appiani adesso è di 150 milioni di euro. Gli accordi prevedono il saldo della metà, quindi di circa 75 milioni, entro il 2020. Il resto verrà liquidato in altri cinque anni. Poi c’è qualcosa di poco conto legato alle società strumentali. Lavoreremo con la massima trasparenza per aggiustare tutto». 
E che rapporto c’è con la “casa madre” Unicredit?
«Buono. Essendo debitori che saldano regolarmente la loro quota, possiamo anche pensare di contrattare con Unicredit l’ammontare degli interessi. O chiedere il suo sostegno per progetti futuri. Inoltre Unicredit, proprio per questo ruolo di “casa madre”, è più esigente con noi che con altri creditori. E questo per evitare di dare l’impressione di avere atteggiamenti di favore».
Nel bilancio consuntivo 2017 ha fatto rumore la svalutazione del patrimonio che ha provocato il maxi rosso da 54 milioni di euro. Pensa che ci sia un’altra svalutazione all’orizzonte?
«Non lo so. Sono presidente da poco più di un’ora e serve una verifica esatta dei numeri, fatemi leggere un po’ di documenti. Di certo posso assicurare che ogni bene, ogni risorsa sarà messa a bilancio secondo il suo esatto valore».
Un tema torna, ricorrente, in questi mesi: l’opzione fusione. Fondazione Cassamarca ha bisogno di fondersi o aggregarsi con una delle “sorelle” venete?
«Lo escludo. Lavoriamo perché Fondazione Cassamarca goda della più totale autonomia. Un eventuale accordo a livello territoriale, magari regionale, con altre Fondazioni, è un’ipotesi che comunque non va in contraddizione con i nostri propositi. Ma si tratterebbe di accordi su obiettivi particolari. Escludo assolutamente, invece, ipotesi di fusione intese come salvataggio di un ente sull’orlo del baratro. Non è la nostra condizione. Noi lavoriamo per progettare il futuro».
Altro fronte molto caldo: il rapporto con le università di Padova e Venezia.
«Il nostro obiettivo è coltivare questi rapporti e non solo mantenere l’Università a Treviso, ma anche svilupparla e ampliarla. E sarà fondamentale anche la collaborazione con il Comune».
Il Comune sarà fondamentale per il progetto legato alla cittadella universitaria per i corsi padovani di giurisprudenza e quelli veneziani di economia.
«I rapporti con il Comune di Treviso sono ottimi e servirà la collaborazione di tutti. Ci tengo a sottolineare una cosa: la Fondazione è un patrimonio collettivo e chi ne assume la guida, come è capitato a me e ai colleghi del consiglio, ha una grande responsabilità.
Che effetto le ha fatto entrare nell’ufficio che per tanti anni è stato di De Poli?
«Assumere questo ruolo è emozionante, soprattutto per uno come me, nato e vissuto sempre a Treviso, dove ho fatto tutte le scuole fino al liceo Canova. E dove ho iniziato a lavorare. Mi rendo conto della grande responsabilità che attende tutti noi nominati in questo consiglio».
 
Ultimo aggiornamento: 10:51 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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