Nicola Cecconato, alla guida del colosso del gas Ascopiave: «Abbiamo investito sulle energie rinnovabili ma la transizione sarà lunga»

Lunedì 27 Novembre 2023 di Edoardo Pittalis
Nicola Cecconato

PIEVE DI SOLIGO (TREVISO) - C'è una società che distribuisce a Nordest il gas a un milione di utenti, con i suoi 15 mila chilometri di rete si allarga sino in Emilia Romagna, in Lombardia e in Piemonte. E tra poco farà di più: potrà gestire un miliardo di metri cubi di gas. Primo operatore del Nordest e al quinto posto in campo nazionale, l'Ascopiave parte da Pieve di Soligo (Treviso). Ha 513 dipendenti e un fatturato di 160 milioni di euro. Gioca d'anticipo, ha acquisito in giro per l'Italia impianti idroelettrici, eolici, fotovoltaici. È pronta anche per l'idrogeno e così chiude il cerchio delle energie rinnovabili. Era alla fine degli Anni Cinquanta un consorzio di Comuni che gestiva il bacino imbrifero attorno al capoluogo storico del Quartier Piave, nell'alta Marca, tra il fiume e l'ombra delle colline del Prosecco. Da queste parti "Hanno fatto l'aria tutta fresca/di ciliegi e di meli nudi", dicono i versi di Andrea Zanzotto il grande poeta nato e vissuto a Pieve. Fu quasi 50 anni fa l'intuizione di un politico locale, Francesco Fabbri, a spingere a investire nel gas creando la prima grande rete di distribuzione della provincia di Treviso. Fabbri, democristiano, morì a 56 anni pochi mesi dopo essersi insediato sulla poltrona di ministro della Marina in un governo Andreotti. Guardava lontano perché quel consorzio oggi è un'azienda speciale listata alla Borsa di Milano. A portare AscoPiave in Piazza Affari, proiettandola nel mercato anche finanziario e nel ramo vendita di gas e energia, è stato Nicola Cecconato, 58 anni, trevigiano.

Entrato nel 2017, un anno dopo è diventato amministratore delegato e nel 2022 pure direttore generale.

Come è arrivato al vertice dell'Ascopiave?
«Vengo da una famiglia di commercianti trevigiani. Mio padre Corrado è cresciuto nel negozio storico di tessuti della Fabris, è da fine Ottocento in centro a Treviso. Era partito come garzone di bottega a 14 anni, quando il vecchio titolare ha lasciato l'attività ha offerto ai suoi tre commessi la possibilità di rilevare il negozio. Una storia d'altri tempi. Mio padre ha lavorato per 70 anni in questa bottega, vendeva ai sarti che confezionavano abiti su misura. Ora il negozio è gestito da Paolo, mio fratello più giovane; mia sorella Simonetta fa il medico. Mamma Nerina è romana, ha seguito per amore papà agli inizi degli anni 60. I loro sacrifici hanno permesso a noi figli di proseguire gli studi, così dopo il liceo scientifico Da Vinci a Treviso mi sono laureato in Economia a Ca' Foscari. Da ragazzo ho fatto lo scout per dieci anni ed è stata un'esperienza molto formativa per imparare lo spirito di servizio. Mi piaceva lo sport, ho fatto canottaggio e per anni anche King boxing. Ho rallentato perché ho lavorato subito come commercialista, nel 1994 avevo già il mio studio in via Diaz. L'attività non si è fermata, lo studio continua con i miei soci».

Da commercialista a manager in poco tempo?
«Avevo qualche esperienza manageriale, la più importante a Roma quando l'allora ministro Zaia mi chiamò a fare il presidente e poi come amministratore delegato di una società che era un po' la cassaforte del ministero dell'Agricoltura perché erogava finanziamenti a favore dell'agroindustria. Nel 2015 la società fu fusa e incorporata. Un'esperienza durata oltre quattro anni e che mi ha permesso di crescere come preparazione manageriale. Due anni dopo, nel 2017, sono stato chiamato all'Ascopiave. Da allora la società ha incominciato a operare tutta una serie di investimenti che prima erano soltanto nelle idee, è stata data un'organizzazione e si è investito maggiormente nel settore della distribuzione del gas. Affrontiamo adesso una gara della Edison che vende tre impianti di stoccaggio; uno qua vicino, il più grosso con capacità di 600 milioni di metri cubi; uno in provincia di Ravenna con 350 milioni di metri cubi, il terzo a Cellino in provincia di Teramo di 150 milioni. Oltre un miliardo di metri cubi di gas, con impianti strategici soprattutto in questa fase in cui si pratica la transizione energetica. Il rendimento viene stabilito dalle autorità, si tratta di un business non esposto ai rischi di mercato. Ci crediamo anche per un discorso di natura territoriale, l'impianto grande è quasi qui accanto, a Collalto».

Quali sono i piani della società?
«Negli ultimi cinque anni l'azienda ha avuto una crescita molto importante nel ramo distribuzione gas: siamo passati a gestire da 450 mila utenze a quasi un milione, sono raddoppiate le utenze e anche le reti. Oggi operiamo a livello interregionale: con l'operazione Unigas abbiamo acquisito l'azienda lombarda e pochi mesi dopo abbiamo rilevato tutta la distribuzione gas di Padova e provincia e parte di Pordenone e di Udine. L'anno scorso, dopo aver costituito un consorzio venture con Acea e Iren, abbiamo partecipato alla gara indetta dal A2a che dismetteva parte della sua rete di distribuzione. Tutto questo ha permesso un grande balzo in termini quantitativi e qualitativi, la dimensione offre efficienza e economia nel settore distribuzione. A nostro livello non abbiamo concorrenti. I nostri concorrenti sono le grosse aziende dall'Enel all'Italgas. Dopo l'operazione col gruppo Hera nel 2019 abbiamo mantenuto una partecipazione del 40% in una società più grande occupata nella vendita di elettricità e gas. Questa società gestisce 1 milione e 100 mila clienti, quasi tutti a Nordest. Tutto questo ci ha permesso di consolidarci, non solo: abbiamo chiuso le trattative pochi mesi prima della pandemia e la circostanza ci ha consentito di superare la crisi, proprio mentre un centinaio di aziende del settore accusavano il default».

Ma ora andate oltre il gas?
«Abbiamo anche ritenuto, operando nell'ambito della transizione energetica, di diversificare il nostro business nelle energie rinnovabili. In questo senso all'inizio del 2022 abbiamo investito in 28 impianti idroelettrici specie in Veneto, Lombardia e Piemonte. Abbiamo puntato anche in impianti eolici in Campania e in impianti green in Calabria. Stiamo anche investendo nel fotovoltaico e nell'idrogeno. Nel fotovoltaico due impianti a Mogliano e a Paese, il primo produce energia da vendere sul mercato. Il secondo è nell'area della ex Simmel che era una fabbrica di bombe chiusa a metà anni '90 e dove ci prepariamo per la produzione di idrogeno che servirà per ricaricare gli autobus elettrici. Stiamo allestendo impianti di rifornimento e colonnine».

Un settore in forte evoluzione: qual è la situazione oggi?
«Da un punto di vista macroregionale non c'è un'unica utility che gestisce il discorso energetico. Noi rappresentiamo una delle società più importanti di matrice pubblica, ma la situazione è frammentata ed è sottodimensionata rispetto a quello che richiederebbe il mercato e alle esigenze dell'utenza. Ecco perché è importante pensare per tempo a forme di crescita e di aggregazione. In Italia non abbiamo neanche reti elettriche sufficienti in grado di assorbire tutta l'energia elettrica verde che andiamo a produrre. Di più: con la transizione energetica è necessario pensare al potenziamento della rete elettrica, dovremmo essere già a metà strada! E non sarà una transizione veloce, sarà anzi molto più lenta di come è stata prospettata. Il gas avrà un ruolo importantissimo che durerà almeno un trentennio ed è il combustibile fossile meno inquinante: servirà per fare da cuscinetto perché supplirà alla mancanza delle fonti energetiche. Molti impianti potranno essere riconvertiti. Le altre fonti hanno qualche limite: l'eolico, per esempio, può essere posizionato solo in alcune zone geografiche, e c'è il problema dell'impatto ambientale; il fotovoltaico non funziona dappertutto Noi, pur gestendo fonti fossili, siamo proiettati verso impianti che ci consentano l'energia verde». 

Ultimo aggiornamento: 28 Novembre, 11:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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