Abusi edilizi sulle case popolari di Treviso: «Deve essere fatta chiarezza»

Domenica 2 Luglio 2023 di Maria Elena Pattaro
Abusi edilizi sulle case popolari di Treviso: «Deve essere fatta chiarezza»

TREVISO - Inchiesta sulle case popolari: a un anno e mezzo dal polverone che ha scosso la città, la lente è puntata sugli abusi edilizi. I carabinieri stanno indagando sulle opere abusive fatte all’interno di almeno una decina di alloggi pubblici. Tra gli assegnatari c’è chi avrebbe abbattuto pareti per allargare le stanze e chi avrebbe persino unito due appartamenti adiacenti. Il tutto senza autorizzazioni e senza perdere il diritto di occupare l’alloggio. I funzionari del Comune coinvolti nell’inchiesta lo sapevano? E se sì perché non hanno segnalato i casi? È quello che gli inquirenti stanno cercando di capire, accertando se i funzionari potessero avere un tornaconto personale per non approfondire le opere abusive. Il sindaco Mario Conte è ottimista: «Come sempre abbiamo la massima serenità, fiducia totale nella procura e nei nostri dipendenti». Dai banchi dell’opposizione, il consigliere Marco Zabai, del Partito Democratico, confida che venga fatta presto chiarezza: «Non voglio pensare che ci siano state negligenze o comportamenti illeciti da parte dei dipendenti comunali - afferma -.

Spero che si arrivi a una risoluzione veloce perché noi abbiamo bisogno che sul tema della casa e in particolare dell’edilizia residenziale pubblica si recuperi un rapporto di fiducia con la cittadinanza». 


GLI ACCERTAMENTI
Pare assodato che in alcuni alloggi siano stati fatti lavori senza autorizzazione. Chi li ha realizzati, evidentemente, era sicuro che non gli sarebbero mai stati contestati. Invece il blitz dei carabinieri scattato a giugno dell’anno scorso ha scoperchiato una presunta rete di assegnazioni illecite, facendo venire a galla anche gli abusi edilizi. L’indagine era emersa un anno fa, quando i militari dell’Arma hanno sequestrato computer e faldoni dagli uffici del settore Sociale e Casa di viale Vittorio Veneto. Ma i carabinieri stavano indagando già da inizio anno, dopo che un cittadino aveva inviato una mail alla Prefettura di Treviso ipotizzando l’ombra delle mazzette per ottenere un alloggio popolare. 


IL POLVERONE
Nel registro degli indagati sono finiti perlopiù assegnatari di origine rom, oltre a “colletti bianchi”, tra cui Pivato, dirigente del Servizio Casa, figura chiave nell’inchiesta. Dalle ricostruzioni è emersa una rete di quattro mediatori che avrebbero segnalato al Comune i nomi delle famiglie assegnatarie, pilotando così le attribuzioni. Tutti i funzionati indagati hanno rispedito le accuse al mittente, a partire da Pivato, difeso dall’avvocato Fabrizio Santoro. «Non ho mai preso un soldo per favorire qualcuno nell’assegnazione degli alloggi - aveva detto il dirigente quando era stato raggiunto dall’avviso di garanzia -. Nel mio ufficio le pressioni erano quotidiane. Mi chiamavano o mandavano messaggi preti, consiglieri comunali, responsabili di associazioni. Era un continuo chiedere o segnalare casi difficili». Lo scorso maggio, ai difensori dei circa 30 indagati era arrivata la notifica di un’ulteriore proroga delle indagini, dopo quella già concessa dal gip alla fine del 2022.

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