Pietra tombale sulla Nogara Mare: la sentenza del Consiglio di Stato

Martedì 24 Settembre 2019 di Angela Pederiva
Pietra tombale sulla Nogara Mare: la sentenza del Consiglio di Stato
5
Dopo quindici anni di carte, sulla Nogara Mare rotola una pietra tombale. A calarla è la sentenza, pubblicata ieri, con cui il Consiglio di Stato ha respinto l'appello della concessionaria Brescia-Verona-Vicenza-Padova, mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese (comprendente pure Astaldi e Mantovani) che si era aggiudicato la realizzazione dell'autostrada Medio Padana. «È indubbio che la condotta della Regione Veneto non è stata contraria ai doveri di correttezza e di lealtà», hanno scritto i giudici amministrativi di secondo grado, per i quali è stato legittimo lo stop al project financing nel momento in cui il contributo pubblico sarebbe dovuto passare da 50 milioni a 1,2 o addirittura a 1,8 miliardi di euro.
 
LA VICENDA
Presentata nel 2004, la proposta prevedeva un collegamento di 107 chilometri tra il casello di Nogarole Rocca (Verona) sulla A22 e l'innesto ad Adria (Rovigo) sulla futura Mestre-Orte, per un costo complessivo di 1,9 miliardi, per la maggior parte a carico dei privati tranne che per un'iniezione pubblica di 50 milioni. Dopo lo scandalo Mose, nel 2015 l'intera finanza di progetto era però finita sotto la lente del comitato scientifico istituito dal governatore Luca Zaia e nel corso della revisione erano stati modificati i termini della sostenibilità economica dell'opera. In particolare la A4 aveva chiesto che il finanziamento pubblico salisse ad un importo variabile tra 1 miliardo e 250 milioni e 1 miliardo e 870 milioni: una crescita di 25-37 volte che già il Tar del Veneto nel 2018 aveva definito «francamente ingiustificata», ritenendo dunque corretta la revoca decisa da Palazzo Balbi.
LE MOTIVAZIONIOra il Consiglio di Stato ha ribadito che l'istituzione aveva il diritto di scegliere se confermare o meno il progetto: «L'incremento del contributo pubblico richiesto dall'aggiudicatario ha riportato, per così dire, indietro le lancette dell'orologio fino alla fase iniziale della procedura di project financing, quando, cioè, viene richiesto all'amministrazione di valutare l'interesse pubblico rispetto alla proposta formulata». In quest'ottica, un simile aumento dell'esborso regionale è stato ritenuto eccessivo, quindi non in linea con il bene della collettività. E con tale valutazione, secondo i magistrati, la Regione non ha causato alcun danno alla società autostradale: «Non può dirsi, cioè, che la mancata stipulazione del contratto si sia prodotta quale conseguenza inevitabile di una condotta censurabile tenuta dall'amministrazione, la quale, invece, va esente da qualsiasi addebito». La Brescia-Padova lamentava «l'abnorme periodo di durata intercorso tra l'aggiudicazione definitiva (avvenuta nel 2013) e la revoca (2018)». Ma i giudici hanno fatto presente che «all'aggiudicazione definitiva è seguito un lungo periodo di verifica dei requisiti», il quale si è prolungato «oltre ogni aspettativa per il coinvolgimento di taluni componenti degli organi delle imprese facenti parte del raggruppamento in vicende penali (il caso Mose, ndr.)», dopodiché è intervenuta la legge regionale che «ha autorizzato ad avviare la revisione della procedura di project financing». In definitiva «la mancata stipulazione del contratto di concessione è dipesa solo ed esclusivamente dalle nuove condizioni dettate» dal raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario, le quali «hanno imposto alla Regione di archiviare» l'opera.
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci