Rodolfo Corsato torna a Rovigo dopo 30 anni: «Sto scrivendo un film da girare nel Delta»

Sabato 31 Dicembre 2022 di Elisa Barion
L'attore Rodolfo Corsato

ROVIGO - Più che un’intervista, una chiacchierata che, oltre a svelare, passo dopo passo, l’escalation di una carriera ultra trentennale svela una personalità aperta al mondo ma orgogliosa delle proprie radici e piena di idee per il futuro. L’attore rodigino Rodolfo Corsato, all’alba dei 59 anni, non ha bisogno di presentarsi. Il suo curriculum parla da sé: nei suoi 35 anni di carriera che spaziano dalla tv al cinema passando per il teatro, ha lavorato con i più grandi come Bernardo Bertolucci, Marco Tullio Giordana. Ma anche Marco Risi, Giovanni Veronesi, Carlo Verdone, Pieraccioni e Vincenzo Salemme.

IL RITORNO

Da Roma, epicentro del cinema italiano ed internazionale, Corsato è però tornato a Rovigo «da circa un mese e mezzo» per circostanze familiari. «Prima ci venivo una volta ogni morte di Papa – racconta – invece adesso da circa un mese e mezzo mi sto godendo la pace ed il silenzio dopo 40 anni di caos e frenesia a Roma. L’unica cosa a cui non ci si abitua mai è la nebbia». Da qui, inizia la chiacchierata con l’attore centrata sulla sua carriera e sul suo rapporto con il capoluogo polesano. Lei è nato a Rovigo? «Sono nato a Biella ma la mia famiglia è padovana, dei Colli Euganei. Sono nato a Biella quasi per sbaglio, la mia famiglia si è spostata a Milano, poi a Padova seguendo mio padre per lavoro, nel ‘64 anno in cui c’è stata la più alta natalità della storia. Poi a Rovigo siamo arrivati quando avevo 7 anni. Qui ho iniziato le elementari e ho passato il periodo della formazione e dell’adolescenza, dopodiché a 21 anni sono partito per fare questo mestiere iniziato quando avevo 19 anni. A casa qui a Rovigo ho ritrovato la locandina del mio primo spettacolo, “Nina non far la stupida”, del 1985. Un’operetta che ha debuttato al teatro Duomo. Nei giorni scorsi, dopo oltre 30 anni, sono rientrato in quel cinema e mi ha colpito pensare di essere partito da quel palco».

LA CITTÀ

Com’è la Rovigo che ha ritrovato rispetto alla Rovigo che ha lasciato anni fa per far decollare la propria carriera? «Ormai sono più romano che rodigino. Romano adottato, s’intende. Anche se per 35 anni sono stato in giro per il mondo. Ho girato a Parigi, Londra, Stati Uniti, Paesi dell’est, Marocco, Svezia, Tunisia. Ma sono affezionato alla mia terra ed orgoglioso di essere rodigino. Rovigo in questi anni è stata ritoccata, è diventata quasi una bomboniera. È molto carina anche se poi si vedono molti negozi vuoti. Sembra sia diventata un po’ anonima, a tratti spettrale. Trenta anni fa era molto più viva anche se meno curata. Fino ai miei 20 anni in piazza Vittorio c’era tanta gioventù, tanti ragazzi che la vivevano, c’erano 3 cinema in centro. Adesso con le delocalizzazioni, i megastore, i centri commerciali, è diventata un salottino un po’ anonimo, una piazza con i suoi bar ma poi il resto è anonimo».

POTENZIALITÀ

Alla luce della sua esperienza, che cosa pensa serva a Rovigo per “emergere”? «Purtroppo “nemo propheta in patria”. Negli anni mi sarebbe piaciuto essere coinvolto di più a Rovigo. Il teatro dovrebbe essere un obiettivo, che mi era anche stato proposto avendo un’esperienza ormai di 40 anni. Il Teatro Sociale dovrebbe essere il fiore all’occhiello della cultura di Rovigo, è vocato soprattutto alla lirica ma poco alla prosa. Invece potrebbe diventare un vero e proprio centro produttivo. Ora con il nuovo direttore, ho visto che ha un ottimo curriculum, speriamo che magari nasca una collaborazione. Rovigo tende a non essere riconoscente con i propri figli e poi è stata miope nella gestione, non solo del teatro. Basti pensare al Delta, anzi, all’intera provincia che ha tante possibilità che potrebbe sfruttare dal Basso all’Alto Polesine. Sembra che in questo a Rovigo ci sia meno attenzione da parte dei cittadini rispetto ad altre realtà territoriali. Io, da parte mia, mi metto a disposizione volentieri per il Teatro Sociale, se venissi coinvolto o interpellato».

IL PROGETTO

Qualche altra idea? «Sto anche scrivendo un film insieme a Valeria Micucci di Adria e che vive a Parigi da 30 anni, che sto mettendo in piedi trovando i finanziamenti necessari, da girare nel Delta. Credo sia motivo di amore ed orgoglio fare un film ambientato nella mia terra che credo di conoscere meglio di altri. Sia chiaro: in Polesine c’è sempre tanta buona volontà ma non si arriva mai fino in fondo. Inoltre bisogna imparare a fare di ogni difetto un pregio e valorizzarlo nel modo giusto. Invece ci si ferma sempre un po’ prima non per incapacità ma spesso perché manca la capacità politica di arrivare fino in fondo. Ci sono tante cose importanti, belle ma ce ne sono anche tante altre che non sarebbe difficile realizzare».
 

Ultimo aggiornamento: 17:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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