VENEZIA - Lo dicono le sentenze, anche se non ancora tutte definitive, dalla camorra di Eraclea alla ndrangheta di Verona. Ma lo documentano pure i numeri, «6-7% di società di capitali (corrispondente a circa 8mila aziende, metà delle quali con sede nel nord Italia), legate in qualche modo a una persona coinvolta in un'inchiesta», come scrivono il sociologo Carlo Beraldo e il magistrato Vittorio Borraccetti nell'introduzione di "Mafia a Nordest, il caso Veneto", numero monografico della rivista Esodo dedicato alle infiltrazioni della criminalità organizzata. Insomma come afferma Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico, «il Veneto non è terra di mafia, ma la mafia è presente nel Veneto», tanto che ad attestarlo sono i dati della Banca d'Italia, i riscontri della Direzione investigativa antimafia e le analisi dell'Università di Padova, riecheggiati a Palazzo Ferro Fini durante la presentazione della pubblicazione.
LE SOCIETÀ
I TESTIMONI
Ma quanto ne sono consapevoli i cittadini? «Al di là dei casi di Eraclea e di Verona, oltre che della mafia del Brenta, l'opinione pubblica spesso non sa cosa stia accadendo, per questo abbiamo cercato dei testimoni privilegiati», dichiara Beraldo, alludendo ai contributi alla monografia forniti da vari esperti, come Marco Lombardo (coordinatore veneto di Libera) e Roberto Terzo (sostituto procuratore, già alla Direzione distrettuale antimafia). Aggiunge sul punto Borraccetti: «Conoscere la mafia non è solo leggere le carte dei processi, ma anche approfondire gli aspetti storici e sociologici, in modo da comprendere i motivi per cui quel tipo di organizzazioni riescono a insinuarsi nel tessuto imprenditoriale mostrando di poter aiutare le aziende in difficoltà, ad esempio con l'offerta di " servizi" che vanno dal credito facile alle fatturazioni inesistenti, passando per la gestione dei rifiuti». Illuminante la testimonianza di padre Giorgio Pisano, parroco di Portici, sul sotterramento in Campania delle scorie tossiche, «che provenivano anche da Marghera». Osserva ancora Borraccetti: «Non sono cose nuove, ma dircele, serve». Ed è significativo che ciò accada in Consiglio regionale, sottolinea la vicepresidente Zottis, «perché è solo attraverso un'azione di tipo culturale, di sinergia tra istituzioni e cittadini, di informazione e di sensibilizzazione etica e preventiva, che si possono sconfiggere queste reti del male».
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