Il direttore centrale della polizia anticrimine: «Mafia? In Veneto c'è presenza non infiltrazione»

Giovedì 2 Marzo 2023 di Davide Tamiello
Mafia in Veneto, parla il direttore della centrale anticrimine Messina

VENEZIA - «La mafia in Veneto ha imparato dagli imprenditori a specializzarsi nelle fatture false, qui l'interesse è prettamente economico». La panoramica sulle infiltrazioni (e il tipo di radicamento) della criminalità organizzata a Nordest è quella del prefetto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine della polizia di Stato che oggi sarà in visita a Venezia. Messina, entrato in polizia nel 1987, ha diretto la sezione antirapina della Squadra mobile di Milano, diventandone poi capo dal 2007 al 2009. È stato questore a Varese, Caserta, Perugia e Torino prima di essere chiamato, nel 2019, alla guida del Dac. Nello stesso anno in cui la Dda di Venezia, con numerose inchieste, mostrava all'intero Paese come il Veneto fosse diventato terra di conquista della criminalità organizzata, dalle cosche della Ndrangheta nel Veronese e nel Padovano, ai Casalesi di Eraclea.

«Dobbiamo dire che non ci sono aree libere dalle infiltrazioni, ci sono solo metodi diversi. Ci sono aree in cui le mafie esercitano un controllo del Territorio con metodi militari, fondando le loro azioni sull'estorsione e il pizzo mascherandolo con pseudo attività di protezione. Il problema è che in certe circostanze è una condizione accettata: l'imprenditore va direttamente dal capomafia per trattare l'obolo da versare prima di iniziare la sua attività».
Parliamo solamente delle aree in cui Ndrangheta e Camorra sono nate e più radicate?
«Principalmente, ma non esclusivamente.

In alcune regioni del Nord, in Piemonte e in Lombardia, esistono delle località che hanno riprodotto perfettamente quanto avviene in Calabria».

Il Veneto invece?
«Il Veneto ha dei buoni anticorpi che hanno evitato questo tipo di contaminazione: non c'è qui un locale di Ndrangheta. Ma attenzione, non vuol dire che sia al sicuro e libero da questa presenza. In Veneto il controllo militare desterebbe troppa attenzione, non c'è quindi un'estorsione massiva o ambientale. Qui la mafia ha acquisito il Know how delle false fatturazioni. C'è una minaccia diversa, da queste cartiere creano i fondi neri che entrano nel circuito della criminalità organizzata».

Come si combatte e come si potenziano, soprattutto, questi "anticorpi"?
«È fondamentale il controllo. Dobbiamo individuare con molta attenzione le organizzazioni criminali che sono portate, dopo una prima fase di avvicinamento, ad assumere e riprodurre i connotati tipici del potere mafioso. E dobbiamo fare in modo che ciò non avvenga».

Quali sono gli altri segnali di una possibile infiltrazione mafiosa?
«Le grandi piazze di spaccio. Quasi sempre, dietro, c'è la criminalità organizzata».

Mestre è considerata probabilmente la principale piazza per il mercato dell'eroina a Nordest. Il legame con le mafie è automatico?
«Bisogna capire se ci sia una trama comune, una organizzazione dello spaccio. I segnali sono tanti: se ci sono delle vedette che avvisano l'arrivo delle forze dell'ordine, se c'è una suddivisione del territorio, se ci sono dei capi o dei punti di riferimento, è il caso di approfondire. La Ndrangheta ha dei broker specializzati poi nell'immettere i ricavi in circuiti esteri per poi farli arrivare ripuliti nei propri conti».

Cambiando tema, come è cambiata la criminalità dopo il covid?
«Ha prodotto certamente una compressione dei reati normali dovuto alle restrizioni. C'è stata un'impennata, invece, dei crimini in rete, in particolare le truffe».

In particolare chi ha subito gli effetti sono i più giovani. C'è stata una crescita del fenomeno delle baby gang?
«È vero che sono stati particolarmente colpiti dagli effetti della pandemia, sono stati sfavoriti anche per il fallimento delle organizzazioni sociali, prima fra tutti la scuola. Non per colpa dell'istituzione, ma perché i ragazzi a scuola non c'erano fisicamente. L'aumento dei reati in rete è collegato anche all'aumento delle ore di collegamento dei ragazzini. Escludo che siano aumentate le gang minorili, sono cresciuti però i casi di devianza. Il momento di rinascita di questi ragazzi ha favorito anche aggregazioni malsane, che hanno portato dei giovanissimi a commettere dei delitti che prima forse non avrebbero commesso».

Ultimo aggiornamento: 22 Maggio, 20:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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