Bruna Coscia, la signora dei libri venuta dalla campagna

Lunedì 5 Giugno 2017 di Edoardo Pittalis
Bruna Coscia
Lei gli scrittori li mette in riga: qualche migliaio in dodici anni davanti a un pubblico di due milioni di persone. Senza contare i giornalisti, i cantanti, le star tv, gli attori, i musicisti. I libri presentati, uno sull'altro, farebbero un grattacielo di più di cento metri. Il tutto partendo da una realtà di provincia e facendo della Fiera delle Parole un avvenimento che esce dai confini veneti.

La signora di Cuore di Carta è Bruna Coscia, bionda, di Anguillara Veneta.
«Mi reputo una provinciale, ma molto provinciale. Credo di aver risentito di essere nata in un paese di frontiera e di fiume, l'Adige che divide le province di Padova e Rovigo. Sono cresciuta in campagna, in una grande fattoria. Era sempre un gioco, quando il 13 giugno incominciava la trebbiatura nell'aia c'erano centinaia di persone che lavoravano. Ma era anche una festa, i bambini saltavano dalle balle di fieno e di paglia e salivano su rami a cogliere la frutta. Era una famiglia numerosa, ho imparato subito che comandavano le donne: avevano il ruolo più importante».

Quando è diventata la signora dei libri?
«Tutto è nato per caso, non pensavo che sarebbe diventato il lavoro. Avevo scelto la famiglia, ma i figli sono arrivati tardi, dopo vent'anni di matrimonio. Così ho avuto il tempo di fare tante cose che mi piacevano: corsi di fotografie, corsi di pianoforte, ho anche dipinto: paesaggi con donne che guardano lontano Ricordo che da piccola facevo ogni cosa per procurarmi libri, a casa non c'era una biblioteca. Leggevo i giornaletti: Topolino, Il Monello, L'Intrepido. Ma anche quelli dei maschi: Tex, Capitan Miki, Blek Macigno. Poi i fotoromanzi, una vicina di casa li aveva tutti: erano la fiction di quel tempo. Poi i libri: ho sempre amato le storie, il primo libro che da bambina ho divorato e riletto è stato Senza famiglia di Malot. Crescendo ho amato gli scrittori, i grandi americani, gli italiani del dopoguerra. Ho scoperto il fascino della politica con Cassola e La ragazza di Bube. Avevo una mamma comunista, a Anguillara facevano delle Feste dell'Unità bellissime, con grandi artiste, una volta ha cantato Mia Martini. Mio papà era un pacifista un po' democristiano, un nonno era stato partigiano, un altro era il più fascista del paese. In una famiglia così dovevi per forza farti un'idea della politica da sola».

Ma come è nata l'organizzatrice di rassegne di scrittori?
«Negli Anni Ottanta con un gruppo di amici abbiamo messo in piedi una radio libera che si chiamava Radio Padana Nord, nessun riferimento partitico. Una volta ci venne in mente di fare un concerto con Vasco Rossi che era quasi uno sconosciuto, ma ci piaceva. Lo abbiamo organizzato a Este ed è stato un successo, si capiva subito che era destinato a diventare una star. Sulla scia dell'entusiasmo abbiamo portato Gianna Nannini, Vecchioni, Ron, Gli Stadio. Non bastava, ci piaceva l'idea di fare cinema parlandone con gli autori e nel 1986, profittando del Festival, siamo andati a Venezia a invitare Maselli che presentava il film Bruna con la Golino, non poteva non colpirmi per il nome. Incredibilmente rispose di sì ed è stata una grande serata, finita alle quattro del mattino. È stato lui a portarci Montaldo e a spingerci a continuare, a contattare per noi i suoi amici: Nanni Loy, Gregoretti, Luigi Magni. Organizzavo così bene che Maselli mi ha chiesto di preparare una tre giorni a Este per il convegno nazionale degli autori cinematografici. C'era tutto il grande cinema: Ettore Scola, Age e Scarpelli, il produttore Giraldi».

La signora degli scrittori è nata in quel teatro di Este?
«Un amico di Montaldo mi chiese di presentare il suo libro a Este, uno solo aveva poco senso era meglio una rassegna il cui successo ci ha spinto a replicare. Anno dopo anno ecco Francesco Guccini, Roberto Vecchioni, Stefano Benni, Corrado Augias, Dacia Maraini. In pratica avevo creato il mio futuro. Una volta a Pernumia per farci stare la gente hanno dovuto aprire una tensostruttura con più di mille posti. Allora Diego Cugia faceva alla Rai una trasmissione popolare, Alcatraz: disse che veniva a Pernumia e fu un'invasione. Ci sono stati problemi, ma ogni volta che si chiudeva una porta si apriva un portone. A Conselve c'è voluto il Palazzetto dello sport con duemila persone che applaudivano Fernanda Pivano che parlava dei suoi scrittori americani e di De Andrè».

Come è arrivata la La Fiera della Parole?
«Nel 2005 a Rovigo, mi chiedono se ho un'idea per valorizzare il Censer, l'ex zuccherificio.Lì dentro ci farei una fiera del libro, pensavo in grande. Tra Regione, Provincia e Comune, amministrate da giunte di colore diverso, promisero 15 mila euro, qualcuno non ha pagato e ci ho rimesso i primi soldi. Cuore di Carta è stata la madre della Fiera delle Parole, con pochi fondi e con molti volontari. In compenso venivano tutti e funzionava alla grande. Dopo quattro anni mi chiama Padova dove ho coinvolto l'intera città: è diventato un festival diffuso in pochi giorni, un crescendo di numeri, da 30 mila a più di 70 mila persone per edizione. Padova è stata una grande sfida, ma quando non ci sono state più le condizioni per collaborare col Comune ci siamo spostati a Este, a Montegrotto. Abbiamo ritrovato tutti i nostri spettatori e i nostri amici scrittori: nell'area termale padovana abbiamo portato 135 ospiti e richiamato 70 mila spettatori; c'erano duemila persone al Palasport per Mauro Corona, tremila per gli spettacoli di Guccini e Vecchioni».

Gli amici?
«Sergio Staino ha disegnato il logo della manifestazione e me lo ha regalato. Faccio centinaia di chilometri per seguire i concerti di Vecchioni, mi emoziono con le sue canzoni: Sogna, ragazzo sogna Non è vero che la ragione sta sempre col più forte. Roberto non è un chiacchierone, invece lo è Guccini che è anche un grande raccontatore di barzellette, il migliore che abbia mai sentito. Ho conosciuto persone straordinarie. Sono stata fortunata, non so se davvero è cominciato con Blek Macigno, so però che la magia continua».
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