Bambino con due mamme, ora anche per sentenza dei giudici

Sabato 1 Febbraio 2020 di Angela Pederiva
Bambino con due mamme, ora anche per sentenza dei giudici (Foto di Mylene2401 da Pixabay)
Per gli adulti non esiste un diritto ad avere figli, ma il bambino ha il diritto di avere «certezza della propria provenienza», anche se i suoi genitori sono due donne. A cento giorni dalla sentenza della Consulta che aveva escluso il ricorso alla procreazione medicalmente assistita in Italia per due coppie omosessuali del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige, in quanto deve prevalere «il rispetto delle condizioni ritenute migliori per lo sviluppo della personalità del nuovo nato», un altro verdetto a Nordest fa i conti con la realtà: quella delle inseminazioni artificiali che avvengono all'estero, con il risultato di mettere comunque al mondo delle creature che hanno bisogno di una carta d'identità. In questo senso la Corte d'Appello di Trento ha respinto il ricorso del ministero dell'Interno, che aveva reputato corretto il rifiuto del Comune di Rovereto di trascrivere l'atto di nascita di un bebè con due mamme «per contrarietà all'ordine pubblico».

IN SPAGNA
Le due donne, già unite civilmente, nel 2017 erano andate in Spagna per accedere alla fecondazione assistita, effettuata con l'ovocita di una e con il seme di donatore anonimo: era così venuto alla luce un maschietto in Italia. L'atto di nascita era stato formato nel Comune in cui era avvenuto il parto, nell'ottobre del 2018, dopodiché la coppia ne aveva chiesto la trascrizione al municipio di Rovereto, sua città di residenza. Ma il 23 novembre l'ufficiale dello stato civile trentino aveva espresso il proprio diniego alla richiesta di indicare le due madri o anche solo quella biologica. Così per mesi il bambino «era stato un fantasma», come spiega l'avvocato Alexander Schuster: «Senza residenza anagrafica, niente accesso al nido. Con il passaporto bloccato, zero viaggi in famiglia. E poi nessun congedo dal lavoro, quindi perdita del posto per la mamma costretta a rimanere a casa ad accudirlo, in aggiunta a vari problemi con molte altre amministrazioni». Ma il 12 aprile 2019 il Tribunale di Rovereto aveva accolto il ricorso delle due madri, riconoscendo il «superiore interesse del minore». A quel punto il Viminale aveva però impugnato il decreto, sostenendo che l'atto di nascita fosse illegittimo fin dall'inizio.

«INCOLPEVOLE NATO»
Si è così arrivati al pronunciamento della Corte d'Appello, che davanti a «interessi convergenti e confliggenti», precisa di dover «conformare le proprie valutazioni in modo da attribuire preminenza all'interesse dell'incolpevole nato». Da questo punto di vista, l'interesse del figlio è di «acquisire rapidamente la stabilità della propria discendenza bi-genitoriale (con il corollario del rapporto di parentela con il ramo della madre intenzionale e tutti i conseguenti diritti ereditari), elemento di primaria rilevanza nella costruzione della propria identità familiare e sociale». E la propria provenienza è «biologica» secondo il codice civile, mentre in base alla legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita è «fondata sul consenso ad un progetto di genitorialità», il che vale per le coppie eterosessuali così come per quelle gay. Secondo i giudici Anna Maria Creazzo, Anna Luisa Terzi e Camilla Gattiboni, «la genitorialità da Pma, anche eterologa, è vera genitorialità» e «costituisce un sistema a sé stante di genitorialità, autonomo rispetto ai requisiti della famiglia codicistica o tradizionale». Quindi il Comune non avrebbe dovuto rifiutare la trascrizione, «non potendo opporre alcuna ragione di difformità fondata sul genere». Inoltre il piccolo avrà entrambi i cognomi, in quanto «l'attribuzione del cognome anche del genitore intenzionale realizza il diritto del figlio all'identità personale». 

I DANNI
Ora le due mamme non escludono di chiedere i danni per «l'accanimento» del ministero: «Speriamo che un giorno qualcuno risponda per aver addirittura negato anche il minimo di identità e ad aver voluto trattare il nostro bambino peggio di tutti gli altri, non riconoscendogli diritti nemmeno rispetto alla madre che lo ha partorito».
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