Adescato, molestato e minacciato su Skype al punto da pensare al suicidio, a giudizio madre e figlio

Mercoledì 14 Giugno 2023 di Cristina Antonutti
Adescato, molestato e minacciato sul web al punto da pensare al suicidio, a giudizio madre e figlio

PORDENONE - Adescato, sedotto e ricattato sul web. La storia di un giovane pordenonese, che ha avuto il coraggio di uscire allo scoperto e mettere fine a un tormento per il quale ha minacciato anche il suicidio, non è isolata. Ma in pochi si rivolgono alle forze dell'ordine per denunciare ciò che stanno subendo, cioè una sextortion.

Purtroppo a prevalere è la vergogna. Per il Codice penale è un'estorsione, reato di cui sono imputati due campani, madre e figlio di Portici, Patrizia Levato, 65 anni e Vincenzo Raiola, 46. Ieri il gup Monica Biasutti li ha entrambi rinviati a giudizio (anche per concorso in molestie telefoniche) e ha accolto la costituzione di parte civile da parte dell'avvocato Andrea Cabibbo.


LA TRAPPOLA
Tutto è cominciato su una chat a fine 2019. Il cyber criminale ha usato un profilo falso, ha chiesto di conversare su Skype spacciandosi per una donna - "Alessia Levato" - e ha cominciato a chiedere al giovane fotografie a sfondo sessuale. Dopo aver instaurato un rapporto di fiducia, ha cominciato a raccontargli i suoi problemi. Diceva di essere sola, di non aver soldi per pagare l'affitto o far la spesa e che rischiava di perdere la casa. Il ragazzo, preoccupato, ha cominciato ad aiutare la sconosciuta inviandole denaro sulla carta PostePay. Prima 470 euro, poi altri 514 convinto che servissero anche ad acquistare il biglietto del treno che l'avrebbe portata a Pordenone, così finalmente si sarebbero conosciuti.


LA REAZIONE
Contrariato dalle continue richieste di denaro, ha bloccato l'account di Skype. Ma è stato nuovamente intercettato e sono ricominciate le richieste di denaro. Ha versato ancora soldi, dopodiché ha disinstallato Skype. Nel giro di un mese la fantomatica "Alessia Levato" è ricomparsa su Facebook, attraverso Messenger. È a quel punto che comincia a minacciare il ragazzo: «Se non mi dai i soldi, divulgo sui social media le fotografie e la chat che ci siamo scambiati su Skype». L'ha implorata, ha cercato di non cedere, ma dopo qualche settimana è stato contattato su Facebook da un altro utente che si è spacciato per amico della "Levato" e lo ha minacciato fino a ottenere 100 euro. Hanno cominciato a tormentarlo anche su WhatsApp fino a costringerlo a pagare.


ESCALATION
Dopo un'escalation di minacce e violenze psicologiche, il ragazzo ha manifestato l'intenzione di suicidarsi. Non riusciva più sopportare tutti quei ricatti, era nel panico, riceveva telefonate da numeri sconosciuti anche di notte. Prima di arrivare al punto di rottura, si è confidato con i genitori, che lo hanno convinto a denunciare. Soltanto così ha potuto liberarsi dal giogo dei cyber criminali. Nel giro di undici mesi, il ragazzo è stato indotto a versare quasi 3mila euro sotto minaccia. Gli investigatori, attraverso numeri di telefono e carta PostePay, sono risaliti a madre e figlio di Portici. «È tutta colpa mia - sarebbe la difesa di Raiola - mia madre non c'entra». Ma sarà il processo, che comincerà il 7 novembre, a dimostrarlo. «In casi come questo - osserva l'avvocato Cabibbo - non bisogna mai cedere al ricatto. Se pubblicano le foto, non hanno più motivo di chiedere soldi. Questo è il loro gioco».
 

Ultimo aggiornamento: 11:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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