PORDENONE - Più di 4mila persone testate in meno di un anno, cioè tra il 5 settembre del 2022 e il 30 giugno del 2023. Un solo obiettivo: scovare il virus "C", quello per capirci che causa l'omonimo tipo di epatite, nella popolazione intraospedaliera. Quindi nei pazienti che si trovano ricoverati all'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Un progetto - chiamato "Dione" - che si è concluso con successo e che ha permesso soprattutto di scovare l'infezione in alcune persone che altrimenti non si sarebbero accorte di esserne affette.
Nella coorte dei soggetti coinvolti nello studio, l'età media era pari a 70 anni circa con una prevalenza del 59 per cento attribuibile al sesso femminile.
Lo studio ha riguardato i pazienti ricoverati nei reparti di Medicina Interna 1, Medicina Interna 2, Ginecologia e Ostetricia, Neurologia e Chirurgia generale. Vista la disponibilità di terapie altamente efficaci e sicure nel trattamento dei pazienti con epatite C e considerata la tendenza del virus dell'epatite C a causare epatite cronica, cirrosi epatica, tumore primitivo del fegato e manifestazioni di danno extraepatico, il progetto pilota ha contribuito all'emersione del sommerso con incremento della diagnosi intraospedaliera dell'infezione e al raggiungimento della microeliminazione, sostenuta dall'Organizzazione mondiale della sanità. I principali ostacoli alla ottimizzazione della cascata di cura sono stati la presenza di importanti comorbidità e scarsa aspettativa di vita, il rifiuto alla terapia in alcuni soggetti ultraottantenni e la necessità di attesa temporale per la stabilizzazione clinica dall'evento acuto che ha condotto il paziente all'ospedalizzazione e che non ha reso possibile il trattamento immediato.
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