Fabbriche e negozi, dodici aziende pronte a dar lavoro ai profughi ucraini: in Friuli il primo protocollo in Italia

Giovedì 7 Aprile 2022 di Davide Lisetto
Una rifugiata ucraina
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Cercare di dare una risposta anche in termini di occupazione ai profughi che sono scappati dall’inferno della guerra in Ucraina e si trovano ospiti nel territorio.

Mettendo in relazione le richieste di chi è disponibile a lavorare con le necessità e la disponibilità di quelle imprese che faticano a trovare manodopera. A questo obiettivo punta il protocollo per l’inserimento lavorativo dei profughi al quale stanno lavorando le categorie economico-produttive del Friuli occidentale con la Prefettura. All’iniziativa, già da qualche settimana, aveva cominciato a lavorarci Confindustria Alto Adriatico, dopo aver raccolto la disponibilità ad assumere le persone arrivate dall’Ucraina da una dozzina di imprese associate. Aziende manifatturiere, in particolare del legno-arredo e della metalmeccanica. Il progetto è stato presto allargato alle altre categorie visto che la necessità di un certo tipo di manodopera riguarda i diversi settori. Così anche Confartigianato, Confcommercio, ConfCooperative e Coldiretti hanno dato la loro disponibilità a partecipare al progetto. Come hanno subito risposto “sì” anche le organizzazioni sindacali provinciali di Cgil, Cisl e Uil. Con la formula così strutturata e con il coordinamento della Prefettura (il prefetto Domenico Lione ha subito creduto a questa possibilità e ha mostrato immediato interesse) è il primo protocollo sull’occupazione dei profughi a livello italiano.


LA MANODOPERA


Cercare di unire la richiesta delle persone rifugiate che si sono temporaneamente sistemate sul territorio e le esigenze delle aziende che si dicono disponibili ad assumerle non è però cosa semplice. È infatti necessario tenere conto di diverse situazioni che l’intesa tra le categorie e la Prefettura hanno cercato di affrontare a di risolvere. In primo luogo è necessario partire dal presupposto che si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di manodopera femminile: sono infatti donne (con bambini e ragazzi) per gran parte le persone fuggite dall’orrore della guerra in Ucraina. Una situazione di cui va tenuto conto nel momento in cui si offrono possibili opportunità di lavoro. Inoltre, vanno affrontate altre questioni di non banale importanza. Il molti casi deve essere affrontato il problema della lingua italiana spesso poco conosciuta da chi è arrivato sul territorio. Vi è poi la necessità da parte delle imprese di collocare persone che siano state preventivamente formate con un minimo di nozioni sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. C’è poi la questione legata alla territorialità: è necessario capire dove si concentra la maggiore presenza dei profughi che intendono lavorare in modo da cercare di inserirli nelle aziende il più possibile vicino a dove hanno provvisoria residenza. Anche per consentire di superare agevolmente eventuali problemi legati allo spostamento per recarsi al lavoro. Tutte questioni sulle quali le categorie produttive e la Prefettura stanno discutendo proprio per cercare di trovare le soluzioni possibili. Sono previsti dei corsi - organizzati da categorie e dalle aziende - sia di lingua italiana che di sicurezza “base” prima di entrare nelle fabbriche o negli uffici. Una particolare esigenza di manodopera femminile è stata espressa anche dai settori dei servizi e del commercio. Così come non è escluso che anche nell’agricoltura possano esserci delle opportunità.


I CONTRATTI


Il protocollo prevede inoltre l’applicazione - non è evidentemente possibile fare diversamente - di contratti a tempo limitato: probabilmente alcuni mesi. Il tempo infatti è legato anche al tipo di permesso di chi i rifugiati godono per rimanere sul territorio che è della durata di un anno. Insomma, lo strumento per l’integrazione lavorativa è stato predisposto. Ora dovrà partire il lavoro per fare incrociare domanda e offerta. L’iniziativa sul fronte dei profughi può ritenersi “figlia” di quel “modello partecipativo” che nel pordenonese aveva coinvolto tutte le categorie produttive, il sindacato e la Prefettura durante la fase più delicata e difficile del lockdown e della gestione della pandemia. Un sistema che ora il territorio vuole replicare a fronte della nuova emergenza, quella della guerra e dell’accoglienza dei profughi ucraini.

Ultimo aggiornamento: 17:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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