Sfratto "impossibile" e negati i 28 euro al giorno: i rischi dell'ospitalità privata ai profughi ucraini

Lunedì 14 Marzo 2022 di Marco Agrusti
L'allestimento di un appartamento
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L’ondata di generosità del popolo friulano non si tocca. È un moto che viene dal cuore, generato dagli orrori della guerra.

Prima decine, poi centinaia di famiglie in queste due settimane di guerra hanno aperto le porte delle loro case per accogliere i rifugiati che scappano dall’Ucraina. Soprattutto tra i primi profughi, quelli fuggiti ormai due settimane fa, c’è chi è arrivato in Friuli perché si è appoggiato a un contatto già residente in regione. E quindi ha trovato un alloggio in forma privata, non entrando nel programma di accoglienza delle Prefetture. Una prassi che però può nascondere delle insidie, alle quali è bene prestare attenzione anche in un momento caratterizzato dall’emergenza e dall’empatia nei confronti di un popolo che sta soffrendo la disgrazia della guerra. Dalla gestione del comodato di un appartamento ceduto ai profughi al sostentamento degli stessi, ecco tutte le insidie da evitare. 


I PROBLEMI


Chi ospita oppure offre un alloggio a uno o più rifugiati ucraini in forma privata deve innanzitutto adempiere a una serie di obblighi. Primo, la registrazione in Questura (se ci si trova nei capoluoghi) oppure in Comune. Secondo, la profilassi sanitaria con tamponi e vaccino volontario. Le insidie però si annidano altrove. L’ospitalità privata, cioè quella che avviene fuori dai canali istituzionali, prevede spesso la cessione di un fabbricato, come ad esempio un appartamento. «Solitamente ciò avviene tramite un comodato - spiega Ladislao Kowalski (Unione dei piccoli proprietari) - che può essere scritto o verbale, a tempo indeterminato oppure determinato». Ad esempio, si può convenire la durata della cessione di un appartamento sino al termine dell’emergenza dettata dalla guerra. E dopo che succede? Nella migliore delle ipotesi i rifugiati ospitati onorano il patto e lasciano lo stabile in cessione al termine del periodo concordato. Ma può anche non andare così, ed è in quel momento che iniziano i problemi. 


IL NODO


«In caso di comodato - spiega ancora Kowalski -, che in questo caso si intende nella forma gratuita, non si è soggetti ai vincoli della locazione, quindi dell’affitto. E questo riguarda anche la durata del rapporto». E se l’inquilino non dovesse lasciare l’appartamento? «Non ci sarebbe la possibilità dello sfratto - prosegue sempre Kowalski -. Non c’è un’azione immediata e si deve passare attraverso la richiesta di rilascio dell’immobile. A quel punto, se segue un nuovo diniego da parte dell’occupante, si va al procedimento di mediazione. Soltanto dopo si può percorrere la strada della causa, a sua volta però con tempi non certamente brevi». Il rischio, quindi, è quello di non poter usufruire di un immobile di proprietà. In caso di contratto di locazione (quindi di affitto, anche in forma transitoria), invece, è possibile procedere allo sfratto in caso di mancato accordo tra le parti. 


LE AUTORITÀ


È per questa ragione che le Prefetture stanno continuando a spingere affinché si privilegi la forma istituzionale dell’accoglienza. «Si tratta di un sistema strutturato che offre maggiori tutele per entrambe le parti», rimarca ancora una volta il prefetto di Pordenone, Domenico Lione. Senza contare che in caso di accoglienza privata e fuori dal circuito regolamentato, vengono a mancare anche degli obblighi scritti in merito al sostentamento delle persone che scappano dalla guerra. In sostanza, è tutto lasciato al buon senso o all’eventuale vincolo di parentela tra l’ospitante e l’ospitato. Infine il pocket money giornaliero di 28 euro stabilito su base nazionale e destinato ai rifugiati ucraini in fuga dalla guerra. Può usufruirne soltanto chi è inserito nel circuito istituzionale dell’accoglienza e non chi viene ospitato privatamente. 

Ultimo aggiornamento: 17:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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