Erede dell'antica arte dei cestai spopola su Facebook: la storia di Mara

Giovedì 21 Gennaio 2021 di Francesca Giannelli
Erede dell'antica arte dei cestai spopola su Facebook: la storia di Mara

POLCENIGO - «Con questo Covid non mi viene più voglia di intrecciare. È Mara Bravin Beca, una tra le artigiane del vimini che lavorano ancora nel centro pedemontano, a manifestare il suo disagio in questa situazione di emergenza sanitaria. «Gli ultimi mercatini spiega se ne sono andati ormai un anno fa.

Era per quelli che ero abituata a lavorare». 


CRESCIUTA ALLA SANTISSIMA

Poco più di sessantanni, la cestaia di Polcenigo è tornata a Santissima, sul lato dove la collina sale veloce verso la montagna, da una ventina d'anni, dopo aver vissuto per i precedenti venti a Pordenone. «Non sono sempre stata cestaia. A Pordenone ho lavorato in qualche negozio e ho fatto anche altri lavori. L'intreccio è sempre stata però una mia passione». Nata alle sorgenti della Livenza, il luogo dove anticamente si teneva il mercato dei thest e l'annuale sagra settembrina, ha sempre visto usare le ceste per qualsiasi esigenza: «c'era chi le usava per portare i panni a lavare, chi per raccogliere la frutta, chi per fare la vendemmia, le più piccole per il pane, ma anche i pescatori usavano contenitori in vimini». Dal vedere al fare la strada è stata breve, fin da bambina, apprendista cestaia da Bastian, che abitava vicino al San Francesco: «mio cugino poi mi ha insegnato a fare le nasse per la pesca; c'erano pesci a volontà nella Livenza, una volta».

 


LA CONQUISTA DEL DIPLOMA

La creatività, sopita negli anni pordenonesi, è ritornata più forte riavvicinandosi a casa. Così, nel 2008, ha certificato la sua passione, grazie ad un corso di cesteria, organizzato dalla Pro loco di Polcenigo assieme all'Università della terza età. «Non ero mica della terza età quella volta!» sbotta sorridendo, mentre mostra con soddisfazione il diploma di fine corso. «L'ho seguito per passione, - spiega - come per passione faccio questo lavoro ormai da vent'anni, prima con quello che sapevo, poi con quello che ho imparato. Le insegnanti erano Patrizia Torresin e Diana Poidimani, la prima più legata alle tecniche, la seconda più alla creatività, così ho messo insieme diversi spunti. Mi piace inventare cose nuove, andare un po' d'istinto, non necessariamente seguire le regole». Un diploma ben guadagnato, che ha segnato la crescita di Mara, fino alla sosta forzata di questo periodo: «lavoro ancora: vedono le foto su FaceBook e mi contattano per sapere se posso fare qualche lavoro; mi hanno chiamato perfino da Milano, ma non vado a spedire cesti così lontano. Mi hanno chiesto alcune ceste da Maniago, allora sì: più vicino è più semplice. Ora lavoro molto meno, mi manca l'entusiasmo della preparazione per i mercatini, la voglia di inventare cose nuove, preferisco leggere». 


LE RICHIESTRE PIÚ STRANE

La stube è accesa e riscalda la sala accogliente, dove Mara pensa ai nuovi lavori: «le richieste più particolari sono state due borsette: era la prima volta che le facevo e mi è piaciuto molto farle; anche dei cestini per mettere il pane a lievitare: me li ha chiesti un americano che si fa il pane in casa; per gli alpini ho fatto i cappelli, che hanno donato anche al presidente nazionale dell'Ana». Questo è il tempo migliore per uscire, nelle giornate di luna calante, a raccogliere le essenze per l'intreccio: «erba palustre, vimini, salice, anche l'ulivo. Io uso perfino l'edera e la clematis. Vediamo, se farà meno freddo uscirò a raccoglierle».

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