Bovolenta. Sara uccisa con 20 coltellate. Quindici giorni di studio per preparare l'agguato. Ora il dubbio: il compagno è fuggito?

Tante le domande: che fine ha fatto Alberto Pittarello? Una coincidenza che abbia preso ferie proprio quando la donna è stata uccisa?

Mercoledì 28 Febbraio 2024 di Nicola Munaro
Bovolenta. Sara uccisa con 20 coltellate. Quindici giorni di studio per preparare l'agguato. Ora il dubbio: il compagno è fuggito?

BOVOLENTA (PADOVA) - Un cellulare e dei pezzi di carrozzeria, entrambi ritrovati a 200 metri di distanza uno dagli altri lungo l’argine del Bacchiglione a Ca’ Molin a Bovolenta. Poi un furgone Nissan da lavoro e un corpo, quello di Alberto Pittarello, che i sommozzatori dei vigili del fuoco stanno cercando nel letto del Bacchiglione, tra correnti forti e piene di una giornata da allerta rossa per il maltempo a complicare le cose. Ma soprattutto un dubbio, lacerante. Che fine ha fatto Alberto Pittarello, il tecnico delle caldaie che si era preso per ieri un giorno da lavoro e che ieri è stato visto per l’ultima volta alle 10.35 uscire dalla casa di viale Italia, la stessa casa dove - pochi minuti dopo - è stata trovata senza vita (con 20 coltellate alla schiena) la sua compagna Sara Buratin, 40 anni.

IL SOSPETTO

Possibile che quello di Pittarello sia un depistaggio? Finché non verrà ripescato il furgone e all’interno non verrà trovato il corpo del trentanovenne - o il corpo non verrà trovato più avanti nel letto del grande fiume di Padova - sono aperte tutte le ipotesi.

LA PREMEDITAZIONE

Anche perché l’idea dei carabinieri è che il femminicidio della quarantenne dipendente di uno studio dentistico, sia stato premeditato. E anche da molti giorni. Troppe le circostanze che tornano e spingono gli inquirenti a immaginarla così. Pittarello che si prende una giornata libera da lavoro nello stesso giorno in cui Sara Buratin viene uccisa. Pittarello che - a casa da solo da una quindicina di giorni - prende appuntamento con quella che è ormai la sua ex compagna con una scusa: consegnarle un motorino da dare alla figlia quindicenne che ieri - tra le 10.05 e le 10.35, ora in cui si fissa il femminicidio - era a scuola. Pittarello che poi scompare - o si uccide inabissandosi nel Bacchiglione con il furgone - non prima (e questo è certo) di aver gettato in corsa, dal finestrino, il suo cellulare che viene recuperato a 200 metri dal punto di scarrocciamento.

Com’è certo che il furgone che i vigili del fuoco stanno cercando anche con un ecoscandaglio fatto arrivare da Venezia, è quello del trentanovenne tecnico delle caldaie: lo dicono i numeri seriali del telaio, dopo un controllo incrociato alla Motorizzazione che hanno certificato come il mezzo appartenesse ad Alberto Pittarello.

PERCHÈ?

Un lancio, quello dello smartphone, fatto come a non volersi più far trovare, come a voler far perdere le proprie tracce. Ed è questo il tarlo che si insinua nella ricostruzione - fin qui lineare - della giornata. Perché se una persona decide di uccidersi, prima sente l’esigenza di liberarsi del telefonino? Le risposte arriveranno soltanto dopo la chiusura del lavoro dei vigili del fuoco nel letto del Bacchiglione: il ritrovamento - o meno - del furgone Nissan e del corpo di Pittarello sono ciò che la procura sta aspettando. E che possono segnare l’inizio o la fine di un’indagine alla quale manca solo il crisma dell’ufficialità per dire che l’ennesima donna è stata uccisa dal suo uomo.

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Ultimo aggiornamento: 29 Febbraio, 07:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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