Io, commercialista, alla corsa
di 200 km in Buthan

Venerdì 27 Giugno 2014 di Simone Fasolo*
Simone Fasolo in Bhutan
Per la posizione geografica e per la sua storia il Bhutan sarà l’ultimo paese ad essere globalizzato.

Grande come la Svizzera, all’arrivo in aeroporto sono subito stato colpito dall’ordine e dalla pulizia; sembra proprio di stare nella Confederazione Helvetica.



Nel tragitto fino all’albergo, per strada non si vede alcun rifiuto e le case hanno tutte un’architettura inconfondibile e tipica con l’intonaco alternato a legno dipinto e scolpito.

Non vi sono differenze tra costruzioni ricche e povere in quanto tutte le case sono curate allo stesso modo.

Tutto sembra confermare le mie letture; il Bhutan è il paese “verde” per natura, avendo oltre il 70% del suo territorio coperto da vegetazione, e per vocazione e sensibilità.







Devo precisare comunque che pur essendo l’unico paese al mondo dove sono vietate le borse di plastica, il giorno successivo all’arrivo, proverò la delusione di vedere molti rifiuti di plastica nelle vie laterali del centro.

Ma veniamo alla corsa: è denominata “THE LAST SECRET” e titolo più indovinato non poteva esserci.

La partenza e l’arrivo coincidono con due dei luoghi più sacri del buddhismo in Bhutan e non solo: il monastero di Punakha all’inizio e quello di Taktshang/Tiger’s Nest alla fine.



Si snoda per 200 km, in 6 tappe giornaliere e attraversa in lungo ed in largo tutta la valle e le montagne che circondano la capitale Thimphu.

Come in tutte le corse estreme che si rispettino, non potevano mancare le condizioni climatiche di caldo torrido, umidità tropicale, forti piogge e freddo intenso.

Il percorso è vario: da quello stradale con l’attraversamento di villaggi, a sentieri di montagna con varie caratteristiche (stretti, ripidi, a strapiombo ed in trincee scavate) ma sempre immersi nel verde intenso e valorizzato da una ricchezza di fiumi, torrenti e ruscelli con acque cristalline ed incontaminate.



L’organizzazione della corsa è tedesca e quindi semplicemente perfetta, arricchita dallo spirito latino che ha permesso la creazione di un gruppo straordinariamente affiatato ed amichevole.

I concorrenti in rappresentanza di 16 nazionalità hanno plasmato il gruppo con le loro personali caratteristiche che i due nuclei più numerosi, tedeschi ed americani, hanno accettato ben volentieri.

Fin dalla consegna dei pettorali è emerso lo spirito della corsa proprio perché non sono stati assegnati i soliti numeri bensì ogni pettorale riportava il nome del concorrente e ciò ha facilitato enormemente la conoscenza tra i partecipanti e tutti si chiamavano per nome.



Se 200 Km possono sembrare pochi rispetto ad altre corse estreme, basta aggiungere il dislivello di 10.000 metri in salita e di 8.000 in discesa per far diventare questa competizione una prova unica e molto difficile.

La tanta fatica però viene completamente ripagata quando si arriva alle due cime dove si trovano i monasteri di Phajoding ed un castello antico.



L’emozione è unica e continua anche in occasione di passare la notte nella cella dei giovani monaci.

A proposito di monaci, l’immaginario di questi “asceti” tutta spiritualità è stato aggiornato dal constatare la presenza continua del cellulare e del gioco del calcio.



Proprio il gioco del calcio rappresenta il loro passatempo preferito e c’è stata anche l’occasione di una partita tra i concorrenti ed i giovani monaci.

L’ambiente unico a 3.600 metri d’altezza, i monaci che giocavano con le ciabatte infradito e tenendosi su il saio, oltre alla loro abilità, hanno fatto diventare l’evento un incontro unico.

Scontato ma onorevole il risultato finale della partita.



Grande emozione nel provare l’esperienza di vita monacale ma anche dover sopportare tutta la disco-music prima di dormire con loro.

Nessun giudizio comunque, anche perché sono mondi così lontani che meritano sempre e comunque grande rispetto.

Se in questi anni c’è stato un proliferare ed un’offerta sempre più crescente di corse estreme e di tutti i tipi, rispetto alla mia esperienza, mi sento di poter affermare con molta tranquillità che il “Bhutan” è una corsa unica per chi è alla ricerca di emozioni forti ed indimenticabili.



L’arrivo al monastero conosciuto come la tana della tigre non rappresenta solamente la legittima soddisfazione per la conclusione della corsa, ma è anche la meta di un pellegrinaggio condiviso con una moltitudine di fedeli che “soffrono” per raggiungere questo luogo sacro.

L’ultimo giorno della corsa riserva poi una piacevole sorpresa finale che non svelerò per non rovinare l’atmosfera a chi parteciperà alle prossime edizioni.

Alla fine grandi baci ed abbracci con tutti i partecipanti e gli organizzatori con appuntamento al 2015 in Sri Lanka.



*commercialista padovano

Ultimo aggiornamento: 28 Giugno, 13:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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