Este. Nonna Nori compie 100 anni: «Andavo al lavoro in bicicletta sotto le bombe durante la seconda guerra mondiale»

Onorina Romito lavorava all'ufficio Telegrafo della Poste. Il segreto per festeggiare un secolo di vita? «Stare attenti a spendere e mangiare un po’ di tutto»

Mercoledì 18 Gennaio 2023 di Elisa Fais
Onorina Romito ha compiuto 100 anni

PADOVA - I capelli sono solo spruzzati di bianco e per l’età che ha appare incredibile. Sì, perchè Onorina Romito detta “Nori”, originaria di Este e residente a Rovigo, ha la bellezza di cento anni. E nonostante abbia sulle spalle un secolo di vita la sua mente è lucidissima. «Sono stata fortunata – dice – qualche acciacco ce l’ho, è normale, ma sto bene». Nori, come tutti la chiamano da quando è giovanissima, è nata a Este il 17 gennaio 1923 in una famiglia di agricoltori. A 19 anni ha cominciato a lavorare nell’ufficio postale di Stanghella e poi è stata trasferita a Rovigo dove ha incontrato l’amore della sua vita.

E lì è rimasta, ha cresciuto 4 figli, visto nascere 5 nipoti.

Signora Nori, cento anni sono un traguardo notevole. Come la sta vivendo?
«Benissimo, ammetto che non avrei mai pensato di arrivarci. Sono davvero contenta e ancora di più perché festeggerò con tutta la famiglia al completo».

Cosa ricorda dei suoi primi anni di vita a Este?
«La mia era una famiglia semplice, i miei genitori erano contadini. Lavoravano tanto e avevamo poco, in casa non c’era nemmeno la radio. Eravamo usciti da una guerra e stavamo per entrare in un’altra, non erano tempi floridi. Da Este ci siamo trasferiti poi a Stanghella».

Quando ha cominciato ad andare a lavorare?
«Avevo 19 anni, era il 1942. Ero impiegata all’ufficio postale di Stanghella».

E dopo Stanghella è stata mandata a Rovigo.
«Sì, alle Poste centrali. Andavo al lavoro in bicicletta e quando sentivo gli aerei avvicinarsi mollavo la bici in mezzo alla strada e mi nascondevo dove capitava. Erano gli aerei che sganciavano le bombe. Avevo tanta paura ma così era in quel momento. Quando andavano via riprendevo la mia strada. Un giorno hanno bombardato il ponte di Boara e non sono riuscita ad arrivare in ufficio».

E cosa è successo?
«Mi hanno fatta chiamare per dirmi che se non mi presentavo mi avrebbero licenziata. Così sono arrivata sull’argine dell’Adige e lì avevano messo come delle tavole per passare da una parte all’altra. Non sono più tornata a casa, ho preso una stanza in affitto con due colleghe».

Che lavoro faceva alle Poste?
«Impiegata all’ufficio Telegrafo. Lì ho conosciuto l’uomo che poi sarebbe diventato mio marito, Leo Moranduzzo. Lui la guerra l’ha trascorsa in Etiopia, sempre all’ufficio postale. È stato per anni tenuto prigioniero in un campo inglese. Quando è tornato mi ha notata e mi ha chiesto di uscire. Ma sapevo che c’era un’altra donna e gli ho dato un ultimatum: o lei o me».

E lui?
«Non ci ha messo molto a scegliere me. Ci siamo sposati il 3 giugno 1950, io avevo 27 anni e lui 37. La cerimonia è stata molto semplice, non avevamo tanti soldi. Messa nella chiesa di Stanghella e rinfresco a casa. Poi la luna di miele a Roma».

Lei ha avuto 4 figli: è stato difficile crescerli e lavorare?
«Ero sempre di corsa. Sacrifici ne ho fatti tanti: un solo paio di scarpe, due vestiti buoni. Ma il cibo in tavola non è mai mancato e li ho fatti studiare tutti. Mi aiutava mia cognata, lei e il marito vivevano con noi, allora si faceva così. Sono andata in pensione a 48 anni perché avevo due figli minori di 12 anni e 30 anni di contributi. In questo modo sono riuscita ad occuparmi della mia famiglia».

Suo marito?
«Leo è morto il 30 settembre 1988. Ci volevamo davvero tanto bene».

Se dovesse scegliere, qual è il ricordo più bello che ha?
«Il matrimonio e i figli, in particolare il primo».

Perché il primo?
«Perchè volevo disperatamente avere un bambino, anzi, tanti bambini. Mia cognata non aveva potuto avere figli e temevo di non poterne avere. All’epoca non sapevamo granchè, c’era tanta ignoranza. Dopo due mesi sono rimasta incinta del mio primo figlio e mi sono sentita sollevata. Ma tutti e quattro per me sono stati una benedizione, così come i miei nipoti».

Quale consiglio darebbe ai suoi nipoti?
«Abbiate giudizio, siate onesti. E state attenti alla vita, è preziosa, non va sprecata».

Qual è il segreto per arrivare a cento anni?
«Avere fede e stare attenti a spendere. Ma soprattutto mangiare un po’ di tutto».

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Ultimo aggiornamento: 19:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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