"Ermitage", l'hotel dei Maggia con la stanza sempre aperta alla vita

Lunedì 2 Settembre 2019 di Edoardo Pittalis
"Ermitage", l'hotel dei Maggia con la stanza sempre aperta alla vita
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C'è, in un grande albergo di Abano, un appartamento aperto tutto l'anno per ospitare un bambino disabile e la sua famiglia. Sul parco, vicino alle piscine. Ogni settimana cambiano gli ospiti che sono indicati dalla Pediatria di Padova. Si offre una vacanza che sia il più possibile normale a bambini affetti da patologie invalidanti e a genitori e fratelli. È l'appartamento di Eleonora, lo chiamano anche Camera 21.
Eleonora parlava solo con gli occhi. Era nata nel 2012 a Padova con una malattia rara, la SMA, atrofia muscolare spinale, che colpisce in Italia un bambino ogni 6 mila. Era un caso rarissimo anche per gli ospedali padovani, negli ultimi tempi sono stati fatti progressi, c'è finalmente una terapia genetica sotto i due anni. Forse oggi Eleonora avrebbe potuto vivere più a lungo e perfino a camminare. Ma appena ieri la malattia genetica non lasciava neppure la speranza.
Eleonora, figlia di Marco e Maria Maggia, è morta dopo un mese e mezzo tra enormi difficoltà. Muoveva solo gli occhi. Dice Marco: «La disabilità è entrata pienamente nella mia famiglia e ne abbiamo fatto esperienza diretta. Noi volevamo regalare normalità a Eleonora che sapevamo sarebbe morta prestissimo, la sua disabilità non era compatibile con la vita, così abbiamo cercato di regalarle il breve tempo della normalità». Da anni nel loro albergo, l'Ermitage di Abano Terme, la Camera 21 è sempre aperta: «Se la disabilità di qualche ospite dovesse creare scandalo a altri ospiti, il problema è negli occhi di chi guarda e non nella persona disabile», spiega Marco Maggia, 43 anni, ingegnere. La coppia ha tre figli, hanno illustrato il loro progetto in un sito internet: www.ilsognodieleonora.it.
L'Ermitage è stato costruito a fine Ottocento e acquistato dalla famiglia Maggia negli Anni Settanta. Solo la grande sala da pranzo ha conservato i segni dell'originaria struttura Liberty, con enormi lampadari di Murano. Un'azienda trasformata in Medical Hotel, 245 posti letto, 70 dipendenti e collaboratori, oltre 5 milioni di euro di fatturato.
I Maggia sono alla quarta generazione di albergatori. A fare grande l'impresa è stato nonno Francesco, l'uomo che per primo ha portato i tedeschi nella zona termale. Era un costruttore milanese, aveva accompagnato nei primi anni '40 la madre all'Hotel Venezia e si era innamorato di Irma Bison, la figlia dei proprietari dell'albergo. Irma era una donna indipendente, parlava più lingue, guidava l'automobile; in quegli anni era costretta a fare da interprete ai tedeschi che occupavano il Veneto dopo l'Armistizio.
È tutto incominciato in piena seconda guerra mondiale?
«La famiglia di mia madre aveva perso un figlio nel deserto africano nella battaglia di El Alamein. A fine guerra il nonno, che di alberghi non capiva niente ma sapeva di costruzioni, affidò la gestione alla moglie e su un terreno vicino costruirono l'Hotel Gran Torino, c'è ancora. Reinventò l'attività termale con una piccola rivoluzione: aveva poco spazio e costruì la piscina sul tetto. Ma quella clientela ricca francese e italiana che veniva a passare le acque stava scomparendo e dieci anni dopo sparì. Allora Francesco s'inventò il pacchetto tutto-compreso e decise di puntare, primo assoluto ad Abano, sul mercato tedesco. La Germania era in crescita fortissima, lui comprò tre agenzie di viaggio in Germania e due pullman bipiano e creò il pacchetto che comprendeva due settimane in pensione completa, fanghi, massaggi e viaggio in pullman da Monaco di Baviera e ritorno. Aveva ragione lui, le cose andarono tanto bene che nel 1974 mio nonno ha comprato anche l'Ermitage. Ma gli albergatori hanno avuto la presunzione di bastare a loro stessi, negli anni '80 e '90 hanno puntato su stanze più belle e televisori più grandi, non sulla cultura termale. E la classe medica ha pensato che fosse più facile prescrivere una pillola che un ciclo termale. L'acqua e il fango, oltre che avere potere terapeutico, sono la nostra ricchezza».
Acqua calda e fango come ricchezza: da dove arrivano?
«Nel nostro albergo da tre sorgenti termali che alimentano dieci silos di maturazione del fango e 1000 metri quadrati di piscine termali. Per gestire l'albergo i pozzi erogano 500 litri d'acqua al minuto a 78 gradi. Ma la fonte del fango per tutto il bacino termale è il Laghetto della Costa di Arquà Petrarca. Bisogna garantire un prodotto naturale che prima di essere applicato ai pazienti deve subire un processo di maturazione che dura mesi dentro l'acqua termale di ciascun albergo: così si conserva il principio attivo terapeutico contenuto dalle alghe che si sviluppano nel processo».
Torniamo alla vostra storia, quando arriva la terza generazione?
«Come nonno Francesco conobbe sua moglie al Venezia, così mia madre Rossana ha conosciuto mio padre Gian Maria al Gran Torino. Mio nonno materno, Aldo Di Santo, era stato un giocatore della Lazio, compagno di squadra di Silvio Piola. Aveva fatto la campagna di Russia e la prigionia in Siberia, è tornato soltanto nel 1947, poi ha giocato fino al 1951 nella Pro Patria. Come tanti romani frequentavano Abano col boom economico. Io ho respirato l'albergo fin da bambino, appena presa la patente andavo a Verona col pullmino a prendere i clienti che arrivavano in treno da Monaco».
Quando è arrivato il vostro turno?
«Mi sono laureato in ingegneria meccanica a Padova, al momento di partire per il servizio militare mi sono rotto il crociato giocando a pallone e ho avuto il congedo provvisorio di due anni che ho occupato seguendo un master in marketing a San Francisco. Poi un professore mi ha spinto a fare anche il master di finanza e sono stato premiato come migliore studente dell'anno. Ho subito lavorato all'Unione Banche Svizzere, avevo già diritto alla Carta Verde. Era il 2006, mio padre ha incominciato a chiamarmi, preoccupato, si era ritrovato in un mondo che cambiava e aveva travolto le sue certezze. Io volevo sapere se per me l'America era solo un passaggio temporaneo o definitivo: mi ero innamorato di una ragazza greca, Maria, e la Grecia è più vicina all'Italia della California».
Che cosa era successo nel frattempo?
«Il modello del nonno ha retto fino al Duemila, io e mia sorella Silvia, che lavorava per Gucci dopo aver litigato con mio padre, abbiamo dovuto gestire un prodotto ormai maturo e ci siamo ispirati non a mio padre - col quale c'è stato un conflitto generazionale forte ma ai miei nonni, a due generazioni prima. Ci siamo reinventati un modello ed è nata l'idea del Medical Hotel realizzata pienamente nel 2010. Mi ricordavo della cura per il ginocchio, avevo avuto un bravo fisioterapista che era lo stesso del Venezia calcio. Venivano Recoba e Bettarini e io vedevo la convivenza tra questi atleti e vecchietti che erano lì per l'anca o per il ginocchio; calciatori di serie A e pensionati avevano lo stesso problema: rimettersi in fretta. L'Ermitage poteva diventare il luogo dove arrivare a un'integrazione piena di tre elementi: l'ospitalità turistica, la termalità e la medicina fisica a indirizzo riabilitativo in ambito ortopedico e neurologico. Abbiamo investito nella ricerca scientifica, affiancati all'università di Padova, con una convenzione e protocolli di cura. I nostri collaboratori vengono dal Bo'. Ma non è stato tutto facile, ci siamo scontrati con la burocrazia, abbiamo fatto anni di cause fino alle sentenze che ci hanno dato piena ragione. Dicevano che terme e riabilitazione non potevano convivere nella stessa struttura! Contro l'Ussl di Padova, il Tar del Veneto nel 2009 ha deciso che era possibile esercitare privatamente, senza nessun costo per il servizio pubblico».
Edoardo Pittalis
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Ultimo aggiornamento: 09:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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