Grafica Veneta, i due manager cambiano legali e strategia difensiva

Venerdì 20 Agosto 2021 di Luca Ingegneri
La sede di Trebaseleghe
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PADOVA  - Si registra una svolta a 360° nella difesa dei manager Giorgio Bertan e Giampaolo Pinton, rispettivamente amministratore delegato e responsabile dei sistemi di gestione integrati di Grafica Veneta, agli arresti domiciliari dal 26 luglio scorso nell'ambito dell'inchiesta sullo sfruttamento di manodopera nei magazzini dello stabilimento di Trebaseleghe.

Ad un soffio dalla scadenza dei termini, i due manager hanno presentato il ricorso al Tribunale del Riesame di Venezia.

A redigere l'atto sono stati i nuovi difensori, l'avvocato Fabio Pinelli per Bertan e il professor Alberto Berardi per Pinton. La collaudata coppia ha preso il posto del professor Emanuele Fragasso jr e dell'avvocato Giovanni Chiello, entrambi revocati dai due indagati. Il cambio di strategia è evidente se si considera che Fragasso e Chiello avevano scelto la strada delle indagini difensive evitando il ricorso al tribunale della libertà. L'udienza è stata fissata per il 25 agosto, ma non è scontato che il ricorso venga discusso. I nuovi difensori hanno chiesto al pubblico ministero Andrea Girlando di fissare degli interrogatori con i loro assistiti. E nel caso riuscissero ad ottenere un alleggerimento della misura cautelare, facendo riguadagnare la libertà ai due manager, potrebbero anche rinunciare al Riesame. É probabile a questo punto che i due interrogatori vengano fissati a stretto giro di posta.


LE INDAGINI
Girlando sta nel frattempo acquisendo numerose testimonianze tra gli impiegati di Grafica Veneta, tutti sentiti come persone informate sui fatti. Nei giorni scorsi una dipendente ha riempito pagine di verbali per quattro ore nell'ufficio del magistrato. L'obiettivo è quello di delineare nei minimi dettagli le modalità del reclutamento della manodopera a basso costo e della sua gestione all'interno di Grafica Veneta, chiarendo i rapporti tra il management aziendale e tutte le cooperative cui venivano affidate le lavorazioni a basso valore aggiunto. Un sistema collaudato e messo a repentaglio dall'ispezione a sorpresa compiuta, su input della Procura, dai carabinieri del Nucleo Tutela Lavoro il 7 ed 8 luglio dell'anno scorso, quando l'inchiesta era nella fase iniziale. In quei giorni Bertan e Pinton erano spaventati come si evince dalle conversazioni intercettate. L'amministratore delegato contatta il responsabile della gestione al telefono: «Abbiamo le donne della cooperativa che stanno cellophanando le mascherine. Possono farlo? Sono in linea cellophanatrice, mandale a casa, ho parlato con Spata (l'avvocato dell'azienda, ndr), facciamo così, le mettiamo solo a stirare. Capito?». E Pinton: «Bon perfetto, ascolta va detto sono qua (i carabinieri, ndr), e devono dire solo questo, che loro non toccano mai le macchine, sono i nostri dipendenti che usano le macchine, loro stirano soltanto».

IN FORMA PROTETTA
Tra una decina di giorni, non appena esaurito il periodo feriale, il pm trasmetterà all'ufficio del gip la richiesta di incidente probatorio. Girlando ha l'esigenza primaria di raccogliere il racconto delle 11 vittime, attualmente ospitate in una località segreta, in forma protetta, assicurando il contraddittorio tra le parti. Le testimonianze potranno in questo modo essere acquisite direttamente nel fascicolo processuale e avranno valore di prova. In questo modo non sarà necessario riconvocare in aula, magari a distanza di molto tempo, i lavoratori sfruttati, che sono assistiti dall'avvocato Giorgio Gargiulo.

IL FACCIA A FACCIA
Chiederà di far interrogare i suoi clienti anche l'avvocato Pietro Sartori, che difende i 4  pakistani, tutti attualmente detenuti nella casa di reclusione di strada Due Palazzi, accusati di aver partecipato alla spedizione punitiva contro i connazionali che avevano osato denunciare al sindacato le loro condizioni di sfruttamento. Hassan Bashir, 32 anni, Zaheer Abbas, 34enne, Muhammad Rizwan Haider, 35 anni, e il presunto autista del gruppo Farman Ullah, trentanovenne, respingono le accuse o quantomeno tendono a ridimensionare la portata dell'accaduto.

BM SERVICE
Compito improbo per il commercialista padovano Riccardo Bonivento, nominato amministratore giudiziario di Bm Service, la società trentina da cui dipendevano i lavoratori sfruttati. Il professionista deve affrontare mille difficoltà nella gestione di una ditta con una quarantina di dipendenti, occupati in attività di packaging per conto terzi. Bonivento dovrebbe erogare gli stipendi e occuparsi dell'ordinaria amministrazione ma deve acquisire per ogni operazione le firme del titolare Arshad Mahmood Badar o del figlio Asdullah Badar, reclusi nel carcere di Trento.
 

Ultimo aggiornamento: 17:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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