Lady Coldiretti è Marina Montedoro: «Difendo le campagne e le colline. Il paesaggio è cultura»

Lunedì 14 Agosto 2023 di Edoardo Pittalis
Marina Montedoro

PADOVA - È lei che deve tutelare le colline del Prosecco come patrimonio dell'Unesco, stando attenta a che nessuno tocchi quel paesaggio. Dirige la Coldiretti del Veneto, la regione italiana col maggior numero di aziende agricole, la seconda per fatturato in un esercito di oltre un milione e mezzo di coltivatori diretti. Marina Montedoro, padovana di 47 anni, ha un segreto poco attinente al suo ruolo: traduce dal greco antico la Bibbia, un passo dopo l'altro, anche poche righe per notte. «Ci metterò forse tutta la vita». Cappellino bianco da baseball, la visiera che fa ombra al verde degli occhi, un piede in laguna e uno sulle colline, la Montedoro da qualche settimana è sbarcata a Venezia.

Come si sente dopo essere appena diventata veneziana?
«Mi sono trasferita a Venezia e la città mi ha stregata.

Non pensavo di farlo, da padovana l'avevo sempre guardata con diffidenza: troppo turismo, troppo scomoda, evitare il Carnevale... Speravo di essere il veneziano numero 50.000, in Comune ho scoperto che sono l'abitante numero 49.465. Ho anche imparato a guidare una barchetta, è un "Cigala e Bertinetti" originale del 1980, interno bianco e rosso. Ho preso lezioni di guida da un'associazione della Giudecca che si chiama "Fie a manetta", ragazze a tutto gas, ho messo la barca sui social e gli amici hanno pensato che avessi sbagliato a scrivere "Fiammetta" che, poi, è diventato il nome della barca».

Un viaggio lunghissimo da Padova a Venezia?
«Sono nata a Padova dove lavorava papà Angelo, che era un poliziotto della Celere. Mamma Alba ha fatto crescere mia sorella Antonella e me. Papà era in città in anni segnati dal terrorismo, ha preso parte alle indagini su Autonomia Operaia, era tra quelli che hanno arrestato Toni Negri. Ha partecipato anche alle indagini sul sequestro Dozier, l'ufficiale americano rapito dalle Br. Prima della pensione abbiamo girato un po' per l'Italia, da Pesaro a Trento. Quando dovevo scegliere l'università, sono tornata a Padova che considero la mia casa. Mi sono iscritta in Agraria perché mi è sempre piaciuto sapere cosa mangio. La sede di Agropolis è a Legnaro; oggi per il Censis è la facoltà d'Agraria più importante d'Italia, ma allora veniva vista come una succursale sfortunata del Bo: era un cantiere a cielo aperto, problemi per la mensa, mancavano i trasporti. Anche grazie allo sforzo dei docenti e degli studenti è diventata una facoltà all'avanguardia. Ho fatto la rappresentante degli studenti, divertendomi tantissimo. Ho vinto la borsa di dottorato prima di laurearmi, ricerca economica e politica agroalimentare. Nel 2004 ho incominciato a lavorare in Confcooperative Veneto e da allora le cose sono andate sempre bene. Ho fatto il lavoro che volevo».

A quel punto cosa è successo?
«Nel 2008 la svolta. L'allora vicepresidente della Regione Luca Zaia era diventato ministro dell'Agricoltura, ci siamo incontrati in un convegno e io quasi scherzando gli ho fatto la battuta: "Se vuole, ministro, la seguo a Roma". Mi ha preso sul serio, poche settimane dopo ero dirigente a contratto. Devo moltissimo alla capacità di Zaia di aver visto in me una persona che poteva dare un contributo al settore. Nell'agosto del 2008 sono a Roma nell'ufficio ricerca, direttamente a contatto con l'università. A 30 anni ero il dirigente di fascia più giovane, i colleghi mi hanno insegnato il mestiere, non avevo basi amministrative».

Poi è arrivata la Coldiretti?
«Nel 2013 ho conosciuto l'allora vicepresidente della Coldiretti nazionale, Ettore Prandini, oggi è il presidente. Era anche al vertice di un ente di ricerca nazionale per il settore agroalimentare, lo "Spallanzani", e cercava un direttore. Avevo esaurito la mia esperienza al ministero, mi sono trasferita in Lombardia. Abbiamo preso in mano l'istituto in un momento complicato e siamo riusciti a far tornare i conti e a garantire un futuro ai dipendenti. Nel 2019 Prandini diventa presidente nazionale della Coldiretti e mi propone di fare il direttore per la Lombardia, la regione in assoluto più importante in termini di produzione e di fatturato. Non in termini di aziende, il Veneto ha quasi il doppio di imprese agricole».

È stato complicato lavorare in un mondo come quello dei coltivatori diretti?
«Sono stata direttore nel tempo della pandemia con tutte le difficoltà del momento, il primo caso di Covid era stato in Lombardia, a Codogno. All'epoca avevamo problemi con gli allevamenti che non potevano fermarsi, ogni giorno dovevamo concordare con le prefetture gli elenchi delle persone autorizzate a entrare per lavoro nelle aree rosse. Gestivamo un vero e proprio check point. Oggi, sbagliando, la gente tende a dimenticare cosa è stato il Covid. Ma volevo sempre tornare in Veneto ed è accaduto prima di quanto pensassi. Nel 2020 il governatore Zaia mi ha chiesto di ricoprire il ruolo di presidente della costituenda Associazione per il patrimonio delle colline Unesco del Prosecco. Ho detto di sì e ho incominciato un'avventura per me totalmente nuova per la valorizzazione di una vasta area culturale, paesaggistica, fatta di agricoltori. Sono innamorata delle colline perché sono un paesaggio che merita di essere conosciuto anche dai veneti. Si produce un nettare che ci porta nel mondo ed è un valore aggiunto inestimabile. L'esperienza mi consente di avere relazioni con gli amministratori dei 29 Comuni ed è bello perché lavoriamo con un'unità di intenti dovuta alla passione di gente che ama la sua terra. Oggi c'è la giusta attenzione all'ambiente, alla sostenibilità e la cultura è fatta anche di paesaggio. Devono andare d'accordo il paesaggio e chi lo mantiene ogni giorno: l'agricoltore non lo inquina, non ha interesse a deprezzare il suo bene; anzi, lo coccola».

Infine, l'incarico di direttore della Coldiretti del Veneto.
«A vederla da fuori la Coldiretti ti dà l'impressione di essere un gigante: i soci sono 1 milione e 600 mila e le aziende agricole sono mezzo milione. Vivendola da dentro è una struttura con capacità organizzativa che fai fatica a trovare da altre parti. L'ho visto negli anni del Covid, abbiamo fatte grandi cose per la popolazione. Gli agricoltori hanno il senso della solidarietà che viene dalla tradizione rurale. Ancora oggi penso che il valore di Coldiretti sia questo suo ruolo sociale. La storia dei Coldiretti è quella della mezzadria non certo del latifondo. Il Veneto è una regione che continuerà sempre a vivere di agricoltura che dopo il turismo è il settore più importante. La campagna veneta non cederà mai il passo all'industria soprattutto oggi che il consumo del suolo e la conservazione del suolo diventano elemento fondamentale. I veneti non vogliono più vedere capannoni, vogliono vedere campi coltivati. E poi il Veneto deve sempre di più puntare sulla discontinuità, non possiamo competere in termini di numeri, ma in qualità. Siamo la regione della biodiversità: 350 prodotti tipici, primi in Italia. Dobbiamo saper vendere il prodotto e la sua storia ed è questo che fa la differenza».

Non solo agricoltura nella sua vita?
«Si può fare qualsiasi cosa a ogni età. Ho sempre voluto giocare a tennis e ho preso lezioni. A tennis sono portata e continuerò. Mi sarebbe piaciuto da bambina suonare il piano e ora prendo lezioni di pianoforte, ci vorrà tempo, ne riparleremo tra un anno. Ho sempre suonato la chitarra e ho fatto tanti anni di canto, voce da soprano, ero in un coro gospel, il "Novo Spirito", a Trento"
».

La cosa più bella fatta?
«Sono molto grata al dono della vita, sono molto positiva, è difficile che non abbia il sorriso. So anche di essere stata molto fortunata. Ogni giorno è un giorno in più per andare avanti nella mia passione: la traduzione dal greco antico. Da dieci anni traduco la Bibbia nella versione greca della Biblioteca Vaticana». 

Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 11:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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