Caporalato, condannato a tre anni di reclusione il titolare dell'azienda agricola Walter Tresoldi

Martedì 11 Luglio 2023 di Luca Ingegneri
I braccianti agricoli impiegati dall'azienda

ALBIGNASEGO - L’impianto accusatorio ha complessivamente retto al vaglio dei giudici ma il tribunale ha inflitto condanne di lieve entità rispetto alle richieste della pubblica accusa. Tre verdetti di colpevolezza e cinque assoluzioni per il clamoroso caso di caporalato scoperto sei anni fa nelle campagne di Albignasego. Il dispositivo della sentenza è stato letto dalla presidente del collegio Marina Ventura dopo oltre quattro ore di camera di consiglio. Tre anni di reclusione e 6.200 euro di multa sono stati inflitti al titolare dell’azienda agricola Walter Tresoldi, 54 anni, di Abano, due anni ed otto mesi, oltre a 5.500 euro di multa alla moglie Fanica Hodorogea, 52 anni, di origini romene, un anno e dieci mesi, con sospensione condizionale della pena, e 2.000 euro di multa al reclutatore di braccianti da impiegare nei campi, Robiul Karim Mintu, 49 anni, bengalese.

Il terzetto, difeso dagli avvocati Giuseppe Pavan e Roberta Canal, era accusato a vario titolo di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, cioé di caporalato, lesioni personali, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, omesso versamento di contributi previdenziali ed evasione connessi a denunce obbligatorie del datore di lavoro. Alcune imputazioni sono però cadute mentre le principali hanno trovato riscontro ma soltanto per una parte dei lavoratori inizialmente indicati come parti offese. Agli unici due braccianti che hanno trovato il coraggio di costituirsi parte civile il terzetto dovrà risarcire i danni, da liquidarsi in sede civile. Il tribunale ha però disposto nel frattempo due provvisionali, rispettivamente di 6.000 e 2.500 euro.

PENE ACCESSORIE

A Tresoldi, Hudorogea e Mintu sono state applicate anche le sanzioni accessorie per la durata della pena e per ulteriori due anni: si tratta dell’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione. Nei confronti del titolare dell’azienda agricola e della consorte il tribunale ha infine disposto la confisca della somma di 40.315,70 euro, o in alternativa di beni nella disponibilità della coppia fino al raggiungimento della cifra stabilita. I coniugi potrebbero ciomunque non scontare le rispettive pene. L’avvocato Pavan ha annunciato ai giudici l’intenzione di avvalersi dei benefici di legge, ovvero delle pene alternative. In pratica Tresoldi e consorte accederebbero al programma di lavori di pubblica utilità in cambio della rinuncia all’impugnazione della sentenza in appello. Sono infine usciti indenni dal processo sia i titolari delle presunte società fittizie che il commercialista e la consulente del lavoro. I marocchini Taoufik Bougattaya, 44 anni, Tarik Rabichi, 42enne, e Hamid El Kamili, 52 anni, tutti difesi dall’avvocato Andrea Formenton, Renato Ruzzon, 67 anni, di Tribano, e la figlia Tania, 38enne, pure di Tribano, assistiti dal legale Alberto Berardi, hanno ottenuto un verdetto assolutorio perché il fatto non sussiste. All’epoca la vicenda aveva destato non poco scalpore. Era l’11 gennaio 2017 quando gli 007 dell’Ispettorato del Lavoro avevano trovato i lavoratori clandestini all’interno della struttura, a due gradi sotto zero, intenti a preparare i cipollotti per il confezionamento. Questi braccianti, in maggior parte cittadini bengalesi, lavoravano dodici ore al giorno per sei giorni alla settimana con una paga media giornaliera di 40 euro. Non godevano di ferie e in caso di malattia non percepivano un centesimo.

Ultimo aggiornamento: 07:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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