ESTE - «Eccolo, è lui», e giù botte. Così tante da incrinare una vertebra a G.G., 50enne di Este, nella Bassa Padovana, che la notte tra il 10 e l’11 settembre è stato raggiunto da un “commando” di ragazzi, decisi da tempo a mettere in atto una spedizione punitiva contro la famiglia dell’uomo, il tutto per fatti avvenuti tre anni fa. I carabinieri di Este e Torreglia hanno denunciato 5 giovani - di cui due minori - per minaccia aggravata e lesioni personali. A casa di uno dei maggiorenni è stata inoltre rinvenuta un’arma giocattolo, utilizzata senza tappo rosso per intimidire l’uomo, una carta d’identità contraffatta e sei grammi di hashish.
La baby gang
Il branco, piuttosto noto nel quartiere “zona Peep”, si compone di un gruppetto di giovani abitualmente dediti ad atti di bullismo, minacce e aggressioni fisiche e verbali a danno di gente della zona. In quartiere li chiamano “siciliani” perchè originari della regione, e spesso si coalizzano con coetanei e seminano il terrore al parco di via Guariento, una zona residenziale popolare fino a poco tempo fa immune da questi fenomeni. Si racconta di offese ad anziani e furti di smartphone a danno di ragazzine terrorizzate. E poi droga, in prevalenza spinelli, fumati la sera ai giardinetti.
Il precedente
Tutto ciò al figlio maggiore di G.G. non andava più. E tre anni fa aveva alzato la voce contro questi sbandati. La risposta, però, non era tardata: botte, calci e pugni a lui, oltre a messaggi vocali sul telefono del padre da far rabbrividire chiunque: «Vi spacco la testa a tutti quanti, anche alla bambina».
Il racconto
«Siamo sempre andati d’accordo con tutti e ho tanti amici lì in quartiere - racconta G.G. - tanto che ritorno spesso al bar e sto volentieri coi miei vecchi vicini». Così avrebbe dovuto essere anche sabato 10 settembre, quando G.G. aveva iniziato la sua serata prendendo una pizza da asporto con il suo nuovo dirimpettaio: «Dopo una settimana di lavoro, avevamo entrambi voglia di stare in compagnia. Finito di cenare, ho ricevuto un messaggio da una cara amica che abita in zona Peep e ci siamo dati appuntamento per mezzanotte al bar Isola». Così, l’uomo era salito in sella al suo scooter e aveva percorso quel chilometro e mezzo scarso che separa la sua nuova abitazione dall’affezionata via Guariento. «Stavo bene e la serata trascorreva serenamente, ma ad un certo punto ho notato qualcosa di strano - prosegue G.G. - Di tanto in tanto, un ragazzino si avvicinava alla mia moto, chiedendo insistentemente di usarlo. Ho tolto le chiavi, intimandolo educatamente di non insistere. Col senno di poi, ho pensato che cercasse un pretesto per provocarmi e attaccare briga». Sospetto probabilmente fondato e che aggiunge un particolare ancora più agghiacciante alla vicenda: quei ragazzetti sarebbero stati organizzati a tal punto da mandare un’esca e indurre la vittima alla reazione, facendolo passare quasi dalla parte del torto. Ma G.G. ha ignorato la provocazione, non dandoci peso. E non ha nemmeno dato peso a quando - svaniti tutti gli avventori del bar - ha visto arrivare due macchine bianche: una Panda e una Punto.
L'imboscata
Una frenata aggressiva, le portiere si aprono di scatto e spuntano fuori cinque, forse sette, giovanotti. Erano loro, la banda dei “siciliani”, che non attendevano altro che il segnale del capo branco per consumare la vendetta a lungo attesa: «Ho visto che tra loro c’era il ragazzino che voleva il mio scooter, ho sentito il tizio con gli occhi verdi dire ‘Eccolo, è lui’ e mi sono girato indietro, come a chiedermi ‘lui chi?’. Al primo pugno ho capito che quel “lui” ero io». La violenza cieca della baby gang si riversa come un uragano contro l’inerme 50enne, che viene lasciato a terra dolorante. Il resto lo hanno fatto delle telecamere di videosorveglianza e l’operato dei carabinieri. Ora è tutto finito, ma G.G. è profondamente turbato. «Mi è capitato di rivedere il ragazzo con gli occhi verdi - racconta - Ha abbassato lo sguardo, come un agnellino. Ma quella notte, in gruppo, sembrava un leone».