ERTO E CASSO - La nonna glielo diceva sempre, «preghiamo perché viene giù il Toc». Ma la montagna non ha ascoltato e quella notte del 9 ottobre 1963 ha fatto quello che annunciava da giorni. Crollò. Lo scrittore ertano Mauro Corona se lo ricorda bene. Aveva tredici anni. Le scuole medie a Longarone e il lavoro in malga d'estate, la vita con i nonni, i vecchi del paese, le case di pietra e i pentoloni fumanti di fagioli messi a bollire sul fuoco. C'è un prima e un dopo, e l'ondata della morte a dividere. Il suo racconto, rilasciato al sito www.ertocasso.it, parla di morte. Di migliaia di vittime, ma anche della scomparsa di un'intera cultura spazzata via dall'onda. «La notte si andò a dormire. A un certo punto sentimmo un fortissimo terremoto. Un rumore che solo i sopravvissuti possono ricordare e che nessuno mai potrà imitare. Era come se un miliardo di aerei ci stessero passando sopra la testa nello stesso istante. Mancò la luce. Gli ertani si trovarono in strada. Non sapevamo di essere tutti miracolosamente scampati alla morte grazie al gobbone del monte Borgà. Tutto era scomparso, la gente sparpagliata come chicchi di granoturco»...
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