«Io, ingegnere del riciclo, restituisco la vita ai cimeli, ma il giudice li considera rifiuti: condannato ingiustamente»

Mercoledì 17 Novembre 2021 di Davide Piol
Ricicla gli oggetti vecchi, condannato per rifiuti
2

BELLUNO  - «Da tempo impegnato nella gestione di rifiuti e nel riutilizzo degli oggetti prima che diventino rifiuti, questa mattina ho visto anni di impegno cancellati da una sentenza a dir poco superficiale». Marco Fontana, ingegnere 50enne di Belluno e appassionato svuota-cantine, punta il dito contro il giudice che l’altro giorno l’ha condannato a una pena pecuniaria di 2mila euro per gestione non autorizzata di rifiuti. «Una sentenza che fa pensare» ha commentato qualche ora dopo. Tutto si giocherebbe intorno alla definizione di “rifiuto”. Secondo la pubblica accusa, Fontana accumulava e gestiva rifiuti (senza autorizzazione), mentre per la difesa erano oggetti che lui riutilizzava vendendoli o donandoli alle onlus del territorio. 

L’ATTIVITÀ
Marco Fontana svolge attività di sgombero locali, cantine, garage, da anni. Ciò che le persone non utilizzano più e che probabilmente butterebbero via, o lascerebbero marcire in luoghi bui della casa, lui le raccoglie con l’obiettivo di dar loro nuova vita. Avendo la licenza di ambulante, è autorizzato anche a venderle. All’inizio del suo percorso da svuota-cantine gli oggetti venivano trasportati in un magazzino vicino a casa sua per fare una selezione e sceglierne la destinazione. Col tempo ha spostato la sede di “accumulo” e ha iniziato a portarli in un terreno di sua proprietà (con ricovero attrezzi, gazebo, etc.) che si trova vicino agli uffici comunali di via Marisiga. Ed è proprio dai suoi vicini che sarebbero partite le segnalazioni, sfociate poi nell’inchiesta per gestione non autorizzata di rifiuti. 

IL PROCESSO
Ma si trattava davvero di rifiuti? Secondo la difesa, no. Secondo la Procura, sì ed il processo si giocava tutto su queste due tesi. Il consulente della difesa ha spiegato che le cose che lui prelevava dalle cantine e dai garage non erano rifiuti. Quando un cittadino si rivolgeva a Fontana, per svuotare la cantina, non lo faceva per disfarsi del bene (come previsto dal Testo unico ambientale). L’oggetto non veniva smaltito, abbandonato o recuperato ma riutilizzato. Era qualcosa che poteva essere impiegato di nuovo. Ad esempio, un vecchio mobile. Se era in buono stato Fontana lo dava alle associazioni che ne avevano bisogno, altrimenti lo smontava e teneva ciò che poteva ancora servire a qualcosa. Il giudice, però, ha accolto la tesi accusatoria e condannato l’imputato a 2mila euro di multa.

L’AMAREZZA
«Una sentenza – ha spiegato Fontana – che dice che il riutilizzo dei materiali è reato, proprio in questo periodo storico in cui vediamo i materiali edili e componenti meccaniche ed elettriche a prezzi record.

Dice che il rimettere in circolazione oggetti ancora utili è reato, quando abbiamo sempre più persone che sono in difficoltà». E ancora: «Dice che il mio tempo speso a ottenere qualcosa di utile da oggetti che altrimenti andrebbero buttati, è stato tempo perso e che facevo meglio a far spendere alle persone soldi per buttare cose utili e gravare oltretutto sull’ambiente. Una sentenza che dice che la categoria degli svuota-cantine regolari come lo ero io, è fuorilegge». L’aspetto paradossale della vicenda è che Fontana era già finito a processo per la stessa imputazione e in quel caso il giudice l’aveva assolto. «Sembra che le associazioni di beneficenza – ha concluso l’ingegnere bellunese – debbano essere solo quelle che lavorano con i contributi pubblici a differenza della mia associazione che si autososteneva. Una sentenza assurda e miope, basata su nessuna prova e attenta solo a punire un’intenzione mai espressa. Ora non credo più alla giustizia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci