Gli impianti di risalita ancora senza ristori: «Servono per riaprire»

Venerdì 23 Aprile 2021 di Giovanni Santin
Impiantisti ancora senza ristori, dopo una stagione di sci persa

BELLUNO - «Ora stiamo aspettando che i ristori arrivino. E sarebbe bene non tardassero troppo perché si tratta di somme per noi necessarie per poter ripartire». Renzo Minella, responsabile veneto di Anef, l’associazione nazionale esercenti funiviari, fa il punto della situazione dopo un anno che gli impianti stessi sono fermi.

E con essi anche le casse. Per questo i 430 milioni di euro stanziati dal Governo centrale con il decreto dello scorso 20 marzo sono una manna per chi lavora nel settore. «Sì, siamo soddisfatti della cifra messa a disposizione dal decreto di un mese fa – spiega Minella – perché essa è adeguata alle esigenze del settore». Una somma, quella che verrà erogata come ristoro, alla cui definizione avevano contribuito gli stessi esercenti degli impianti a fune che nei mesi scorsi, tramite Anef, avevano stimato il volume d’affari andato perduto, producendo poi una documentazione che era stata inviato al Ministero dell’Economia e Finanza che proprio su queste basi ha predisposto le tabelle con le relative cifre. Va ricordato che questa somma servirà a ristorare gli impianti dell’intero Paese.


LE PREVISIONI
I tempi di erogazione non sono immediati. Un decreto legge viene infatti convertito in legge entro i 60 giorni dalla sua emanazione: solo dopo questo passaggio tecnico i soldi potranno arrivare a destinazione, cioè ai titolari degli impianti. E calendario alla mano, essi dovranno essere stanziati prima di un mese: i 60 giorni scadono infatti 20 maggio. «Per noi – continua Minella – quei soldi sono importanti. Gli impianti sono fermi da un anno e prima di poterli riaprire per la stagione estiva essi devono essere revisionati. Ma siccome le casse sono vuote, i 430 milioni di euro in arrivo sono fondamentali proprio per questo motivo». Quindi, assodato che la cifra stanziata dal Governo è in arrivo, ora l’Anef è concentrata su altri due aspetti non meno importante: «In questo momento stiamo spingendo per avere certezza sulla data in cui potremo aprire e sui protocolli che dovremo seguire: il problema è quindi la tempistica». Perché si sa: non di solo inverno e di piste di sci vivono gli impianti di risalita. Sono infatti moltissimi i turisti che se ne servono anche d’estate, o comunque non appena, con la buona stagione, essi potranno essere aperti, per salire in quota e di lì iniziare passeggiate ed escursioni. Ed è proprio questo uno dei motivi per cui, in vista di una – auspicata – quanto più vicina temporalmente riapertura, i gestori ed i titolari degli impianti di risalita sperano che la somma che è stata deliberata nel decreto diventi concreta, cioè moneta sonante, il prima possibile. E proprio il Ministero per il Turismo è l’interlocutore privilegiato di Anef.


L’IMPEGNO
«Con esso non va dimenticato il ruolo della Conferenza Stato-Regioni – precisa Minella – e poi sono tanti che, ciascuno nel proprio ruolo, si sta dando da fare per aiutarci. Il lavoro ed i contatti della nostra associazione sono infatti trasversali». Insomma: dopo la stagione invernale scorsa troncata a metà dal Covid, e quella appena conclusa che non è mai partita, per questo settore si comincia a vedere al luce iin fondo al tunnel. E quanto sia lungo e buio il tunnel va ricordato. Il fatturato medio di una stagione invernale degli impianti di risalita della provincia di Belluno è pari a circa 60 milioni di euro. Quest’anno, naturalmente, con le aperture rinviate di mese in mese, gli incassi sono invece stato zero. E dietro gli impianti ci sono le famiglie di coloro che vi lavorano: sono circa 600 le persone coinvolte in maniera diretta e indiretta sugli impianti di risalita bellunesi, un migliaio in Veneto. Anche loro a fatturato zero.
 

Ultimo aggiornamento: 17:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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