Incidente sulla seggiovia, la moglie di Crepaz denuncia: «Non si può morire ancora sul lavoro»

Venerdì 8 Settembre 2023 di Raffaella Gabrieli
La chiesa di Pieve di Livinallongo per il funerale di Massimo Crepaz

LIVINALLONGO - Gli addii, si sa, sono dolorosi. Ma alcuni possono esserlo più di altri. È il caso di quello dato ieri nella chiesa di Pieve di Livinallongo a Massimo Crepaz, deceduto lunedì per un incidente sul lavoro mentre eseguiva la manutenzione della seggiovia che conduce al Padon. «Non si può morire mentre si svolge il proprio mestiere», ha detto la moglie Pierina Foppa. Così come il sindaco Leandro Grones ha sottolineato che «è inaccettabile che una persona debba perdere la vita nel luogo di servizio». Della stessa opinione il parroco, don Andrea Constantini: «Una morte vigliacca, che ha assalito il nostro caro alle spalle».

IL FUNERALE

Tutte considerazioni, queste, espresse in termini generali. Nessuna rivolta espressamente alla società Funivie Arabba di cui Crepaz era tecnico e che in questi giorni ha manifestato la propria vicinanza alla famiglia. Tant’è che ieri era rappresentata dal presidente Diego De Battista, con la mamma Cinzia, dal vicepresidente Marco Grigoletto e dal direttore Diego Cazzaniga. Oltre ovviamente a tutte le maestranze che hanno vissuto questo dramma in prima persona. Tra tutti, sconvolto, il giovane collega lombardo che era con Crepaz il giorno del terribile incidente. La parrocchiale di San Giacomo non è riuscita ad accogliere i tantissimi che sono giunti in terra Fodom a rendere omaggio a Mamo. A cominciare da un’infinità di penne nere dell’Associazione nazionale alpini di cui faceva parte e che tanto amava, per proseguire con le associazioni dedite al calcio, allo sci, al canto. E poi: pompieri volontari, la Banda da Fodom, l’Unione ladina, il Soccorso alpino, la Croce bianca e i coscritti di varie annate.

GLI INTERVENTI

«Non mi basterebbe un’ora - ha affermato la moglie Pierina rivolgendosi direttamente al marito - per dirti tutto quello che vorrei e mi sembra già di sentirti, con voce ironica, annunciare “occhio che inizia a chiacchierare e non si ferma più”. Voglio però farti sapere che sei stato un ottimo marito e papà di Simona e Marzia: ti sei sempre fatto in quattro per non farci mancare niente. E adesso che era arrivato il primo nipotino, Romeo “Pacioco”, ti sentivi realizzato del tutto e non avresti più preteso nulla. La tua scomparsa ci ha tolto tutte le forze: a noi come famiglia e penso un po’ anche a Fodom perché te ne sei andato troppo presto. Aiutaci a trovare il coraggio per andare avanti. Di certo noi non ti dimenticheremo perché il Mamo è il Mamo: un grande».

L’OMELIA

«Oggi qui riuniti - ha evidenziato don Andrea - siamo tutti una grande famiglia. Così come nei momenti di gioia, tanto più in quelli dolorosi dobbiamo sostenerci a vicenda. Stiamo vivendo una sorta di venerdì santo, intriso di dolore. Lunedì pomeriggio, poco dopo il drammatico fatto, davanti alla casa delle mamma Genoveffa, c’era un silenzio che parlava più di tante parole. A rappresentare lo smarrimento, la paura, la rabbia. Ma anche, simbolicamente, un grande abbraccio rispettoso. Una morte prematura che lascia dietro di sé profonde ferite e un vuoto incolmabile. Una scomparsa inoltre improvvisa, che non ha consentito un ultimo saluto, un’ultima carezza. La luce di speranza per andare avanti la dobbiamo trovare in Mamo, che ha dedicato l’intera vita agli altri, incoraggiandoli e donando loro un sorriso. Mettendosi sempre a disposizione della comunità. Dagli alpini, al calcio, ai donatori di sangue, non si è mai tirato indietro. Ha senz’altro svolto bene il compito di uomo su questa terra. Questo tragico evento di buono avrà soltanto una cosa: consentirà anche a chi non ha conosciuto Massimo di avere cognizione della sua generosità e del suo altruismo»

Ultimo aggiornamento: 07:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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