Appello del Cai a chi va in quota: «Fotografate gli stambecchi e mandateci le immagini»

Venerdì 14 Aprile 2023 di Daniela De Donà
Giovani stambecchi, il Cai chiede a chi ne vede di fotografarli e di spedire le immagini al un indirizzo mail

BELLUNO - Chiunque frequenti la montagna in quota può dare una mano alla scienza. In nome del cambiamento climatico la richiesta è chiara: “Se tra fiume Piave e torrente Boite, nei gruppi dolomitici di Antelao, Marmarole e Sorapis avvisti uno stambecco (Capra ibex) faccelo sapere”. Perchè è importante conoscere lo stato di salute, l’attuale uso del territorio e la distribuzione della colonia presente. Un monitoraggio a cui gli appassionati di “crode”, quindi, sono chiamati a far parte: «Vogliamo indagare per capire se lo stambecco risenta, e quanto, dei mutamenti ambientali conseguenti al riscaldamento climatico in atto – spiega Davide Berton, trevigiano di Castelfranco, coordinatore del progetto pluriennale di citizen science portato avanti dal Cai Veneto - l’area scelta è il Cadore, perchè ancora relativamente poco disturbata dalla presenza umana e dalle infrastrutture». Assenza di neve e temperature elevate vanno ad influire sulla vitalità dello stambecco: «Il collegamento è con la qualità del foraggio dei pascoli in quota.

Ad essere coinvolte sono le femmine che devono allattare i capretti nel periodo dei parti e nei mesi seguenti hanno a disposizione un foraggio più avanti come vegetazione e, quindi, meno nutriente- spiega Berton - i piccoli, pertanto, potrebbero arrivare ad inizio autunno con pesi sotto la media, rischiando di non superare l’inverno. Lo stambecco è solo una specie di riferimento per quel che concerne il cambiamento climatico, perchè ve ne sono altre molto più sensibili, come la pernice, il fringuello alpino, la lepre».


IL PROGETTO 
Che cosa fare, quindi, se si vede uno stambecco, anche se lontano dal percorso escursionistico? Una scheda è stata predisposta: oltre al nome del osservatore si chiede di indicare quanti animali sono stati avvistati (singoli o in colonia), su che versante, a che quota (magari con indicazione). Le osservazioni, se possibile con una foto, vanno poi inviate ad info@progettostambecco.it o utilizzando la pagina web dedicata dove si trova il link per la compilazione on-line: www.progettostambecco.it. Il Centro operativo del progetto “Studiamo insieme lo stambecco” è il rifugio “Pietro Galassi”, gestito dalla sezione del Cai di Mestre e posizionato strategicamente in posizione centrale rispetto al territorio interessato. «Il progetto – precisa Berton che, nello studio sullo stambecco, è affiancato da Giuseppe Borziello e da Mauro Bon per la parte scientifica - nasce da un’idea del Comitato Scientifico Veneto Friulano e Giuliano del Cai (organo delegato ad occuparsi degli aspetti naturalistici per il Cai di tutto il Triveneto, quindi anche del Cai Veneto) con la supervisione scientifica del Museo di Storia Naturale di Venezia “Giancarlo Ligabue”. 


IN CADORE 
La colonia di stambecco alpino che occupa l’area oggetto di studio ha origine da un rilascio avvenuto nelle Alpi orientali italiane nel 1965. Berton descrive i dettagli: «La riserva comunale di San Vito di Cadore realizzò questo intervento di reintroduzione in cui furono rilasciati 8 individui alle pendici della Croda Marcora (Sorapis), provenienti dalla Riserva di Pontresina, nel Canton dei Grigioni (Svizzera)». Nel 1975 il Comitato Provinciale della Caccia di Belluno acquistò altri 12 esemplari per rinforzare il piccolo nucleo esistente che non riusciva a crescere numericamente. «Da questo esiguo numero – conclude Berton - si è lentamente sviluppata una popolazione che ora è ben radicata nel territorio, nonostante alcune difficoltà dovute al bracconaggio, all’elevata consanguineità e a problemi sanitari come la rogna sarcoptica».

Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 13:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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