Adriano e il suo Tagadà: «Una vita da giostraio anche sotto le bombe, ma ora i tempi sono cambiati»

Domenica 10 Aprile 2022 di Daniele Mammani
Adriano Rossi, al centro, vicino al suo tagadà

FELTRE - «Lo Stato riconosce la funzione sociale dello spettacolo viaggiante" così recita la legge del 18 marzo 1968 questo a dimostrazione della nostra importanza». A parlare è Adriano Rossi proprietario del Tagadà che sosta in questi giorni a Prà del Moro assieme ad altre giostre fino a lunedì 18, Pasquetta. Potrebbe essere definito il "capo piazza" colui che si occupa di tutto quello che riguarda arrivo e permanenza nelle diverse località, ma è anche una miniera di storia per quanto riguarda l'ambiente degli spettacoli viaggianti.

«Adesso stiamo ripartendo con il lavoro - commenta - il Covid ci ha dato una bella stangata. Molti giovani si sono trovati altri lavori, in fabbrica o come autisti, perché noi abbiamo le patenti, senza saremo fermi. Dalla scorsa estate c'è state un po' di ripresa e in questo inizio di 2022 vediamo dei miglioramenti». Rossi prosegue: «Con il ritorno delle persone ho proprio capito la nostra funzione sociale. La frase contenuta nella legge è corretta i ragazzi, i bambini e le famiglie che ritornano alle giostre stanno bene, volevano le giostre».  Da più di una settimana il luna park soggiorna sul parcheggio di Prà del Moro con un buon via vai di avventori di svariate età che utilizzano le attrazioni più o meno tradizionali dal tagadà agli autoscontri, passando per il tiro a segno e arrivare ad attrazioni sempre più moderne e grandi. «Sabato e domenica scorsi - spiega Rossi - c'è stato un buon afflusso di gente mentre nei feriali un po' meno. Anche il meteo non ci aiuta perché è ancora freddo e si aggiunge anche la pioggia. Per quanto riguarda le limitazioni Covid le facciamo rispettare come sempre e come in tutti i posti, per noi è diventata un'abitudine. Rimarremo fino al lunedì di Pasquetta come da tradizione e poi riprenderemo il nostro viaggio, ormai non sono più i tempi di una volta». - Lavorare nel mondo delle giostre per una vita si accumulano tante storie da «poter scrivere un libro se si fosse capaci» dice Rossi nel giorno del suo compleanno (8 aprile): «Sono nato a Feltre e i primi anni della mia infanzia li ho trascorsi qui: dalla festa di Tomo a Farra, dal Boscariz ad Anzù. Ormai non si fanno più queste tappe, le associazioni che curano le varie feste patronali dovrebbero ricominciare a ospitare il nostro lavoro. La mia famiglia faceva già questa attività prima della guerra, sia la famiglia di mio padre sia quella di mia madre». Prosegue: «Si muovevano anche durante la guerra. Erano a Treviso il 7 aprile del 1944 durante il bombardamento della città. Morirono undici famigliari tra cui mia nonna, gli zii e i cugini. Da Longarone partimmo il pomeriggio del 9 ottobre 1963. se non devi morire, no muori. A durante l'alluvione del 1966 rimanemmo 40 giorni bloccati a Santo Stefano di Cadore. Ne avrei di avventure da raccontare, tante. Ora sono in pensione, ma continuo a fare il mio lavoro, prima o poi mi dovrò fermare ma non adesso».  Un punto su cui Adriano Rossi è molto preciso è la sicurezza degli impianti su cui la gente si diverte: «Noi montiamo e smontiamo le nostre giostre continuamente e quindi vengono controllate ogni volta. Un controllo continuo con autorizzazioni rilasciate da professionisti perché la sicurezza è una cosa importantissima.

Gli impianti stabili nelle località hanno i loro severi controlli annuali, noi li abbiamo ogni quindici giorni. Tutto per offrire la massima sicurezza per chi ci viene a trovare, perché i clienti si devono divertire».

Ultimo aggiornamento: 17:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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