Premierato, dall'elezione diretta alla norma anti-ribaltone (con la “fiducia costruttiva”): ecco la riforma Casellati

Ritorno al voto se c’è un cambio di maggioranza. Tra i nodi da sciogliere, il sistema maggioritario previsto in Costituzione

Sabato 2 Settembre 2023 di Emilio Pucci
Elezione diretta del premier e norma anti-ribaltone (con la “fiducia costruttiva”) : pronta la riforma Casellati

Questa mattina al forum Ambrosetti a Cernobbio il ministro Casellati rilancerà il tema delle riforme costituzionali, ripeterà che lo scopo è assicurare la stabilità di governo, un obiettivo considerato la base per realizzare tutte le altre riforme del Paese. Al momento si prevedono pochi ritocchi: rivedere gli articoli 88, 92 e 94 della Costituzione. Ma non c’è ancora un testo conclusivo del lavoro portato avanti in questi mesi: il pacchetto è al vaglio della presidenza del Consiglio (ci sta lavorando il sottosegretario Mantovano, oltre alla premier Meloni) e prima di approdare in Cdm l’intenzione è far pervenire al Colle la versione definitiva. 
Mercoledì nel vertice di maggioranza si capiranno i contorni della “rivoluzione”: archiviato il modello del presidenzialismo puro, si punta ormai dritti sull’elezione diretta del premier.

Nell’ultimo incontro dei capigruppo prima della pausa estiva è stato condiviso il cambio di passo, ma sui contenuti della riforma ci sarà un confronto tra le forze politiche che sostengono l’esecutivo. Non è detto, per esempio, che resista la linea di apportare, oltre all’introduzione del premierato, solo marginali cambiamenti alla Carta.

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LE MODIFICHE

Per ora formalmente si prevede di non modificare le funzioni del Capo dello Stato, al di là delle conseguenze legate al nuovo sistema. Ma Fratelli d’Italia non ha abbandonato l’idea di portare i poteri di nomina e revoca dei ministri in capo al premier. La cosa che appare ormai certa è la norma anti-ribaltone. È un compromesso trovato tra FdI e la Lega. Non verrà applicato il principio del “simul stabunt simul cadent”: in caso di dimissioni o impedimento permanente del premier, non si tornerà alle urne come accade con i sindaci delle grandi città e con i presidenti di regione. Ci sarà la possibilità di sostituire il premier secondo il meccanismo della “fiducia costruttiva”: la sostituzione potrà avvenire soltanto se verrà votata dalla maggioranza “originale”. Il ragionamento – spiegano fonti di maggioranza – è che così verrà confermato il patto con gli elettori. E si darà centralità al Parlamento, rispondendo alle istanze arrivate dal Carroccio che ha insistito sulla necessità di inserire pesi e contrappesi per salvaguardare il ruolo delle Camere. 

Per quanto riguarda lo scioglimento delle Camere il tema resta aperto: adesso quel potere, in base all’articolo 88 della Costituzione, spetta al Capo dello Stato. Ma il testo potrebbe essere cambiato in questo modo: «Il presidente della Repubblica può, sentito il presidente del Consiglio (o su proposta del premier) sciogliere le Camere». Non dovrebbe esserci più comunque la possibilità di sciogliere solo uno dei due rami del Parlamento. Mentre sull’eventualità di apportare un altro cambiamento, ovvero garantire la governabilità tramite un premio di maggioranza per la coalizione vincitrice delle elezioni, si sta cercando di capire se è una soluzione praticabile. L’ipotesi è sul tavolo, ma la fumata bianca non è scontata. Non si esclude, infatti, di rinviare più avanti la discussione sulla legge elettorale. 

LE BOZZE

Nelle bozze predisposte tra il dicastero delle Riforme e palazzo Chigi non c’è inoltre l’istituzionalizzazione dei vicepremier. Insomma, a meno di sorprese, quando i capigruppo della maggioranza si presenteranno mercoledì alle 18,30 nella sede del governo, non ci dovrebbero essere particolari divisioni. Con la previsione che si trovi un accordo pure sui tempi dell’autonomia differenziata. È vero che le riforme costituzionali e il testo Calderoli viaggiano su binari differenti, ma si ribadirà la volontà di completare il programma della legislatura con scadenze che verranno rafforzate. Una volta sciolti gli ultimi nodi tecnici, due saranno le principali incognite: la prima è che la riforma costituzionale, essendo un testo governativo, dovrà avere il timbro del Quirinale. La seconda è capire il perimetro delle forze politiche a favore del piano dell’esecutivo. Al momento c’è il sì di Renzi. «Punta al sindaco d’Italia, noi correggiamo qualcosa ma il ragionamento è lo stesso», si spiega nella maggioranza. La prospettiva di costituire una Bicamerale è ormai tramontata, le nuove norme dovrebbero approdare in Cdm giovedì (o la settimana prossima) e poi, una volta licenziate, essere assegnate alla Commissione Affari costituzionali di Montecitorio, considerato che quella del Senato è impegnata nella discussione su autonomia e ritorno delle province.

Ultimo aggiornamento: 4 Settembre, 18:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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