Hotel chiusi, i pusher si riprendono le piazze e le strade: la nuova mappa dello spaccio a Mestre

Sabato 27 Giugno 2020 di Davide Tamiello
Hotel chiusi, i pusher si riprendono le piazze e le strade: la nuova mappa dello spaccio a Mestre
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MESTRE Non è un caso che l'ultima overdose in città, quella che ha stroncato la vita a Alessandro Chiofalo, 32enne di Conegliano, sia avvenuta proprio in via Ca' Marcello. Non lo è nemmeno che al Suem, questa settimana, siano arrivate due chiamate in un giorno di soccorso a tossicodipendenti in via Torino e via Milano, a due passi appunto da quella zona. Senza contare, poi, che un mese fa, per overdose era morto anche un cliente dell'ostello di via Ca' Marcello. La questione è evidente e se ne sono accorti tutti: dagli operatori dei servizi sociali al personale degli hotel, dagli operatori delle forze dell'ordine a quelli del 118. Il Covid ha svuotato il boulevard del turismo, rendendo quegli immensi hotel che avevano dato una nuova vita all'area a est della stazione delle cattedrali del deserto. Senza il traffico dei turisti (e degli studenti universitari: non si può dimenticare il polo cafoscarino di via Torino) quella è tornata a essere una zona stagnante, senza passaggio. Luogo ideale, quindi, per chi ha fretta di iniettarsi in vena la dose di eroina appena acquistata. Il problema riguarda anche gli stessi alberghi, che nei mesi scorsi, in quarantena, si sono ritrovati ad avere intrusi nella zona garage, o in quella appunto del cavalcavia. Ma il popolo dell'eroina, oggi, è molto più nomade di ieri. Non è più pensabile, nemmeno per loro, fermarsi a lungo in un posto: basta mezza giornata perché le pattuglie di polizia locale, volanti o carabinieri riescano a identificare il loro nuovo accampamento. Gli unici punti fissi, per loro, sono gli stabili abbandonati della zona industriale di Marghera (l'ex cash&carry di via dell'Elettricità, l'ex centro direzionale Leonardo di via della Pila). Bonificati, peraltro, più e più volte. 

PUSHER, NUOVA GENERAZIONE 
Mobili i compratori, mobili anche gli spacciatori. A distanza di due anni dall'operazione San Michele della questura che aveva smantellato l'organizzazione criminale nigeriana (al processo la procura ha chiesto 160 anni di carcere per i 30 imputati), i pusher africani sono tornati. Anche loro hanno capito che avere una base fissa e identificabile è controproducente, quindi sono molto più fluidi negli spostamenti e negli incontri con i clienti. L'area prediletta, però, sarebbe il centro di Marghera, come sostiene il presidente della municipalità Gianfranco Bettin. 

«La gang nigeriana che traffica e spaccia eroina si è impadronita dei giardini di piazza Sant'Antonio, nel cuore di Marghera. Lo ha fatto in modo furbo, progressivo - spiega - da appena allentato il lockdown a oggi, cercando di non dare troppo nell'occhio ma infine assumendo il controllo della zona. I pusher occupano i quattro punti cardinali della piazza, agiscono con cautela e freddezza, mascherine e distanziamento compresi. Le staffette si muovono in bici o motorino tra la stazione, piazzale Giovannacci e lungo via Rizzardi, dove funge da snodo un negozio gestito da un loro complice (non nigeriano). Nei dintorni le staffette si muovono a piedi, soprattutto tra la piazza e la sala scommesse di piazzale Foscari». Uno stile sottotraccia a cui anche la clientela sembra essersi adeguata alla perfezione». «Peraltro - continua Bettin - una clientela non giovanissima, simile a quella che, in gran parte, ha prodotto la serie infernale di morti degli ultimi anni. A differenza di nordafricani e italiani, gli spacciatori nigeriani sono organizzati quasi militarmente, non sono tossicodipendenti e cercano di non creare troppo allarme. Proprio per questo sono pericolosissimi». Bettin chiede una nuova stretta alle forze dell'ordine contro questa banda. «La loro azione - aggiunge - va integrata con interventi socio-sanitari e di prevenzione. Invece, il Serd, i cui operatori (come quelli di strada del Comune) fanno miracoli, è al minimo storico del personale e la Regione non investe da anni. I boss dello spaccio lo sanno: il terreno delle dipendenze in questa città è fin troppo fertile perché chi le combatte ha poche risorse e poco personale».
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