NEW YORK È la foto che dominerà nei prossimi mesi, destinata a diventare la bandiera della campagna elettorale. Finora Donald Trump si era dovuto rassegnare a vendere magliette e tazze con una finta foto segnaletica.
IL BUSINESS
Il sito elettorale di Trump ha subito cominciato a scrivere ai finanziatori email con la foto e a vendere magliette a manica lunga e corta, bianche o nere, con la foto segnaletica e la frase “Never Surrender” (non arrendersi mai). Tazze da caffè, adesivi per automobile, thermos per la birra sono stati aggiornati con la stessa immagine. Ai giornalisti, Trump ha detto che l’esperienza è stata «terribile», e che i procuratori lo stanno perseguitando sperando di «logorarlo». L’ex presidente si presenta come vittima di «tentativi di manipolare le elezioni», chiamando a raccolta il suo popolo Maga (Make America Great Again), che comunque gli resta fedele attraverso tutte le traversie. E chiede 25 dollari per una tazza o 34 per una maglietta. Ma se i suoi sostenitori comprano sul sito del tycoon, anche nell’intento di aiutarlo nella raccolta fondi per le elezioni e le spese legali, immediatamente è nato un fitto business di chi cavalca il cavallo Trump, e si mette a vendere magliette e quant’altro, tanto la foto segnaletica è pubblica e chiunque può riprodurla.
LE REAZIONI
Il web ribolliva anche per altri motivi ben poco politici, riguardanti invece il fisico dell’ex presidente: all’incriminazione di giovedì sarebbe risultato alto 1,90 per un peso di 97 chili e mezzo. E se è possibile, notavano vari commentatori sarcasticamente, che l’ex presidente abbia perso 11 chili da quando era stato registrato a New York lo scorso aprile per l’incriminazione dei soldi sottobanco all’attrice porno, è ben difficile che nel frattempo sia anche cresciuto di due centimetri. Intanto tutti gli altri 18 coimputati dell’ex presidente si sono presentati al carcere di Atlanta per essere arrestati e poi rilasciati su cauzione. Il gruppo è accusato di aver complottato per modificare il risultato delle elezioni nello Stato della Georgia nel 2020. Dopodomani però l’ex capo di Gabinetto di Trump, Mark Meadows, sarà ascoltato dal giudice circa la richiesta di trasferire la procedura a suo carico a un tribunale federale, in quanto lui ai tempi dei fatti era un dipendente del governo di Washington non dello Stato della Georgia. Un altro imputato, Kenneth Chesebro ha invece chiesto un processo per direttissima. Il procuratore Fani Willis ha subito colto la palla al balzo e ha offerto la data del 23 ottobre, chiedendo però che la data venisse applicata a tutti, incluso Trump. Il giudice ha confermato la data per Chesebro, ma ha rifiutato, almeno per il momento, di allargarla a tutti. Se dovesse restare fermo su questa posizione, il castello accusatorio costruito da Willis, che si basa proprio sulla ricostruzione di una rete di complotto di gruppo, ne verrebbe fortemente indebolito.
Anna Guaita
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