ANTIBES È davvero un tour trionfale quello che Herbie Hancock sta facendo in questi giorni in Europa. Dalla Francia alla Germania, dall’Irlanda alla Danimarca passando anche per Roma. Nonostante gli 82 anni il suo è un linguaggio ancora fresco ed intriso di quella lunga e solida tradizione jazz che non solo non sente i segni del tempo, ma che difficilmente scade nel banale.
Anche nella sua esibizione in Costa Azzurra, il pianista di Chicago, pur non riproponendo nuovi temi, ha saputo catalizzare l’attenzione di una affollatissima arena di Juan les Pins direttamente affacciata sul mare. Uno scenario incantevole nonostante le alte temperature che a luglio hanno interessato anche Antibes. Il pianista, che ha a lungo dialogato con gli spettatori introducendo le varie composizioni, ha dimostrato che si può tranquillamente passare dalle pagine più celebri dei suo gruppi legati al jazz classico, ad esempio “Maiden Voyage”, al più noto jazz-rock con tanto di tastiera a tracolla del periodo Head Hunters.
E qui c’è da sottolineare il determinante apporto del suo gruppo nel quale, a sorpresa, spiccava Terence Blanchard, il trombettista di New Orleans che ha dialogato con il leader attraverso melodie di forte impatto come la rielaborazione dell’indimenticabile “Footprints” di un altro genio della musica di matrice neroamericana come Wayne Shorter. Blanchard è solista di primo piano noto anche per le preziose liriche di decine di colonne sonore (basti citare “Mo’ Better Blues”).
Un concerto tra lirismo ed energia, insomma, che si chiude con Hancock, classe 1940, sempre saltellante al centro del palco. Come a suggerirci che i grandi del jazz, fortunatamente per noi, hanno ancora parecchio da dire.