Siamo abituati a incontrare i tessuti nelle manifestazioni dedicate, in Italia o in qualsiasi paese del mondo, e ovunque , in uno spazio sempre diverso, originale, intrigante. Con le collezioni Rubelli si impone però un’attenzione particolare : per la bellezza, per la qualità, per l’innovazione ma anche per quel legame con la tradizione che l’azienda veneziana ha saputo conservare nel tempo senza mai perdere di vista un àplomb culturale che alla fine risulta l’aspetto più originale di questa firma. Non avevo mai incontrato - o almeno non mi era nota se non per campionature di tessuto sfogliate nelle diverse presentazioni - l’importanza della produzione di questa griffe anche per il mondo dell’arredo da mare. A Venezia, nei giorni in cui quest’anno si è svolto il Salone Nautico, negli spazi dell’Arsenale, una delle occasioni di riguardo ci è stata offerta dalla installazione voluta da Rubelli per questa occasione, una esposizione che ha catturato l’interesse dei più attenti “amici del mare”, sottolineando la presenza costante di una cultura veneziana raccontata nella Mostra dall’imbarcazione “di famiglia” (un puparin uscito dalle mani preziose di “Crea” il maestro d’ascia veneziano che ha firmato le gondole più famose), all’interno del quale erano campiti in modo apparentemente casuale ma in realtà con grande sapienza scenografica cuscini di ogni tessuto, colore, fantasia, di velluto, di raso, di damasco, di fresco cotone in stile provenzale o in raso fiorito, offerti come campioni delle collezioni preziose che nel contesto del Salone Nautico in Arsenale acquistavano valori emozionali particolari. Nel “puparin” (sorta di gondola in miniatura) tutto in preziose tavole di mogano, si potevano ritrovare frammenti di collezioni preziosissime o di tessuti innovativi, senza tempo, senza collocazioni speciali ma pronti a vestire la nostra casa, il nostro ufficio, la nostra barca appunto.
Quasi una sfida estetica nel cuore della vita veneziana più antica offerta da un’azienda che di ieri ha conservato il fascino e la cultura ma che oggi è tra le più ricercate dai cervelli all’avanguardia non solo dell’arredamento, entrata nell’universo moda con la collaborazione con griffes di qualità per collezioni di abbigliamento, calzature preziose accessori di stile come l’ormai famosissimo zainetto Pal Zileri dello stilista Rocco Iannone , al quale è stato dato il nome di Tazio, il personaggio manniano che lo certifica come prodotto “veneziano” .
Il tessuto d’arredamento che diventa anche tessuto per la moda non è più cosa inedita e in questo settore le collezioni Rubelli offrono la più ampia varietà. Ma Rubelli resta nome legato soprattutto all’arte di vestire una casa, il luogo dove sai di trovare sempre l’atmosfera amica, l’habitat che oggi sembra accusare qualche defezione da una generazione che sembra amare molto la strada. Chi vive in città assediate dal turismo selvaggio, dal traffico , le strade invase da una società angosciata, in perenne cammino coglie situazioni di distanza dalla sicurezza che può offrire la casa , una “condizione” in gran parte, per scelta o per necessità, oggi sconosciuta nella sua realtà “umana”: tana , rifugio dove ci si può distendere, riposare, sognare, stare in compagnia ma anche soli. Forse è la paura della solitudine a spingere tanti giovani “fuori” di casa, nella strada che illusoriamente appare disimpegnata, falsamente amica. Passando in rassegna quei cuscini Rubelli alle Tese dell’Arsenale non potevo fare a meno di ricordare i primi incontri della mia vita professionale con l’eloquio pacato, affascinante, discreto, venezianissimo dell’avvocato Alessandro Favaretto Rubelli che nel secondo dopoguerra raccolse la sfida centenaria della produzione di tessuti Rubelli portandola ai livelli che oggi i figli - divenuti i nuovi capitani di un’industria a caratura mondiale, votata alla bellezza e all’eleganza dell’arredo ma estesa anche alla produzione di mobili e oggetti decorativi di alta qualità - stanno conducendo dalla plancia di un’azienda- transatlantico che si consente di presentarsi all’Arsenale con la sagoma delicata, elegantissima e colta del “modesto” puparin “ : una barca che parla solo dialetto veneziano .
Impossibile ricordare la magnanimità di questa dinastia sempre presente ai bisogni della città - basterebbe l’ imput offerto per la ricostruzione del Teatro La Fenice di Venezia dopo il rogo o del Teatro alla Scala e dei tanti tantissimi luoghi d’arte e di cultura sostenuti dalla griffe che ha come logo morale il leone di San Marco.
Apparentemente mite, come si addice a un carattere “veneziano”, in realtà accortissimo negli affari , l’avvocato Alessandro Favaretto Rubelli - ormai manager rappresentativo ma ancora ben presente nell’azienda veneziana entrata nella competizione internazionale - tiene pugnacemente la bandiera dell’eleganza , soprattutto “dei modi”. Quei modi che il nostro tempo sta mettendo alla prova ma che ancora per molti di noi restano un punto di partenza e di arrivo irrinunciabile, “modi” veneziani che ritroviamo nella storia leggendaria di questa città : piccola isola, ex capitale della gentilezza, che nei secoli ha saputo diventare incontrastata regina dei mari. Un mito che oggi fatica a farsi riconoscere e che un “ puparin de casada” esposto al Salone Nautico di Venezia ci ha consentito di riconoscere.
Ultimo aggiornamento: 17:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA
MODI E MODA di
Luciana Boccardi
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