Rugby, Mondiale da dimenticare per l'Italia: i 3 errori alla base del fallimento e perché ne sono stati commessi 4. Promemoria per Quesada da oggi nuovo ct

A Roma la presentazione del nuovo tecnico degli azzurri che prende il posto di Kieran Crowley

Lunedì 30 Ottobre 2023 di Paolo Ricci Bitti
Rugby, Mondiale da dimenticare per l'Italia: i 3 errori alla base del fallimento e perché ne sono stati commessi 4. Promemoria per il neo ct Quesada.

La frittata a metà 2021 sfrigolava già nella padella quando il neo presidente Marzio Innocenti e il da lui scelto neo ct Kieran Crowley hanno aperto per la prima volta il dossier “Mondiale 2023”. Non c'era molto da inventarsi se non evitare di farla bruciare, perché il sorteggio del dicembre 2020 ci aveva regalato un altro mondiale impossibile. La presenza nella nostra poule di Nuova Zelanda e Francia (padrona di casa), entrambe candidate alla vittoria finale della Coppa, già in quel dicembre aveva fatto incidere nel marmo il decimo e consecutivo mancato raggiungimento per l'Italia dei quarti di finale. Non è mica un demerito, Innocenti e Crowley non erano nemmeno in carica quando il Fato ci ha condannato. Avanzano ai quarti solo le prime due di ogni poule, ergo All Blacks e Blues.

Un'oggettiva realtà in un gioco onesto come il rugby.

E nemmeno si poteva definire un minimo risultato obbiettivo da conseguire la qualificazione automatica alla Coppa del Mondo 2027 legata a due ovvie e doverose vittorie contro le avversarie minori che ci sarebbero a breve state abbinate. Battere, e bene, Namibia e Uruguay dev'essere arciscontato per una squadra del Sei Nazioni come l'Italia, altrimenti non è nemmeno il caso di stare qui a parlare di rugby.

Ebbene, Innocenti e Crowley avrebbero dovuto prendere atto che, per quanto riguardava strettamente il Mondiale, c'erano da preparare in due anni, insieme e nel massimo accordo, tutti gli antidoti immaginabili per attenuare le bastonate da parte di All Blacks e Francia. Antidoti necessari ancora di più dopo che il calendario della poule, poi allestito ad arte dagli organizzatori per tenerci formalmente in vita il più possibile, ci aveva programmato i match contro Nuova Zelanda e Bleus dopo quelli facili: sarebbero stati insomma due match da “dentro o fuori” anche se solo sulla carta, perché noi fuori c'eravamo già.

E antidoti ancora più necessari dopo che si era finalmente riusciti a portare in prima serata in diretta su Rai2 quei due match impossibili: un notevole passo avanti per la promozione del rugby che non avrebbe dovuto trasformarsi in un boomerang per la nazionale, traino indispensabile del movimento ovale italiano. E invece sono arrivate due legnate devastanti. E' arrivato il Mondiale peggiore di sempre a parte quello del 1999 (3 ko su 3). Frittata carbonizzata e immangiabile davanti alla tv in quelle due serate in diretta.

Tre gli errori che possono essere ricordati al nuovo ct Gonzalo Quesada, argentino, che oggi 31 ottobre verrà presentato a Roma per cominciare ad allenare gli azzurri dal 1° gennaio 2024 in vista del Sei Nazioni.

1) Il modo con cui si è negato il rinnovo del contratto a Crowley

Tante squadre cambieranno il ct dopo il mondiale: lo si sapeva ed è già accaduto parecchie volte. Ma nessuna federazione aveva mai sfiduciato pubblicamente il ct come ha fatto la Fir tre mesi prima della coppa evidenziando il clima da “separati in casa” che durava da tempo. Crowley è stato presentato dal presidente Innocenti nel luglio 2021 dopo aver incassato qualche “no” soprattutto in Francia. Il contratto valeva fino al giugno 2024. Ora, su queste pagine, Crowley, 62 anni, neozelandese campione del mondo nel 1987, ex Parma come giocatore ed ex Canada e Treviso come allenatore, è stato accolto due anni fa con il titolo “L'All Black che perde”, valutazione (contestabile) della sua carriera sino a quel giorno. Poi però non sono mancate le lodi quando ha dato una nuova identità al gioco dell'Italia che con lui ha vinto 10 partite su 27 (ottima media) con i picchi dei successi con Galles (dopo 7 anni di ko nel Sei Nazioni) e Australia (prima volta). Una sola vera debacle ingiustificabile, quella con la Georgia. Crowley ha preso in mano un gruppo giovanissimo e l'ha svezzato, logico che chiedesse di portare questi ragazzi, che avevano piena fiducia il lui, fino al mondiale 2027 per raccogliere insieme i frutti del lavoro.

Poi però, dopo poco più di due anni, Innocenti ci ha ripensato e l'ha ritenuto non adatto a proseguire. Legittimo. Ed è certo solo una coincidenza il fatto che Crowley alla stampa britannica avesse nel frattempo espresso dubbi sullo smantellamento (ok, viene chiamata “riorganizzazione”) da parte dell'attuale Fir del sistema delle accademie che stava finalmente sfornando anno dopo anno una nazionale Under 20 di grande sostanza capace di arrivare anche terza nel Sei Nazioni. Crowley, a ogni modo, chiede il rinnovo e la Fir glielo nega. E lui si trova un lavoro in Giappone, come rivela in primavera il mensile AllRugby.

La Fir non può più nascondersi e se ne esce il 15 giugno con una nota surreale: il bilancio del lavoro di Crowley “è molto positivo”, ma niente rinnovo. Evidentemente non c'è fiducia in lui per proseguire fino al 2027. “Ma il nostro lavoro insieme – si legge nella ahinoi non profetica nota federale - non è ancora finito, ci resta una esaltante avventura da vivere in Francia e sono certo che Kieran e la sua squadra lasceranno la loro indelebile impronta nella storia del rugby italiano”.

A questo paradosso, il ct sfiduciato risponde così nella stessa surreale nota: “Mi sarebbe piaciuto essere coinvolto con la Nazionale italiana anche per il prossimo ciclo della World Cup e sono dispiaciuto della scelta della Fir di non estendere il mio contratto”.

Provate a trovare qualcosa di simile e altrettanto masochista nella comunicazione delle altre federazioni che con ben altro stile stanno per cambiare ct. Che “presa” poteva avere un tecnico sui giocatori dopo che la federazione non l'aveva pubblicamente ritenuto adatto? Di sicuro Crowley non meritava di uscire di scena in questo modo.

Un suo difetto indifendibile: la lingua italiana, dopo una decina d'anni di frequentazioni, avrebbe dovuto impararla.

Un altro difetto (dipende delle opinioni): poteva pensare a un piano di gioco più difensivo che avrebbe permesso di incassare qualche punto in meno con All Blacks e Francia, per di più in diretta su Rai2 in prima serata? Forse, ma la dirigenza Fir che pressione poteva mettere su un allenatore sfiduciato e con la valigia in mano?

2) Azzurri sovrastimati, avversari sottostimati

Che possibilità avevano gli azzurri di passare il turno? Nessuna, l'abbiamo detto. E perché invece si è alimentato all'inverosimile questa chance? Se era per dare morale al gruppo e per convincere sponsor e seguito della nazionale, i risultati sono purtroppo sotto gli occhi tutti. Vittorie non certo brillanti, come era invece doveroso, con Namibia e Uruguay e disastri con Nuova Zelanda e Francia. Perché suonare così la grancassa alla vigilia? Strategia ingenua o ipocrita?

Ai giocatori, ci mancherebbe, va lasciata la frase di prammatica: “Scendiamo sempre in campo per vincere”, ma i dirigenti non avrebbero fatto meglio a essere realistici tenendo un profilo basso?

E poi è facile: quando si vuole sapere qualcosa su passato, presente e futuro del rugby basta chiamare Luciano Ravagnani, ex Gazzettino, patriarca dei cronisti della palla ovale italiana che due mesi prima del Mondiale ha scritto su “AllRugby”: “La marcia di avvicinamento al mondiale degli Azzurri - scongiuri d’obbligo - ha avuto molti aspetti di un già vissuto nel 1999, il peggior Mondiale mai disputato. Allora l’Italia fu sconfitta da Inghilterra (67-7), Nuova Zelanda (101-3) e anche Tonga (28-25). Zero punti in classifica, l’incolpevole ct Mascioletti giubilato e sostituito da Brad Johnstone in vista del primo Sei Nazioni. … già da allora un’inedita caccia al giocatore oriundo in grado di risolvere, purchessia, qualche problema in un roster pieno di acciacchi ... L’attuale situazione azzurra, a parte le similitudini degli oriundi, appare ora ben diversa dal “casino” di quel tempo, ma la decisione già presa di rinunciare a Crowley (che ora ha le idee chiare, le sue, ma sempre chiare) dopo il Mondiale, visti i precedenti Coste e Berbizier nella storia dell’Italia, non induce al massimo della serenità”.

Ci si è inoltre baloccati a lungo e fino alla vigilia delle partite “vere” anche con questa considerazione: “E' una formazione azzurra che si è guadagnata il rispetto di Francia e Nuova Zelanda che infatti schierano il XV migliore contro di essa. E' stato conquistato il diritto di giocare match da dentro o fuori con queste grandi rivali”.

Vero, giusto, lo si poteva proprio dire, ma aggiungendo che questi indubbi meriti erano pari all'effetto della cronologia dei match scelta astutamente dagli organizzatori per il calendario della poule: in passato si era malauguratmente affrontata subito una delle big, naturalmente perdendo e facendo crollare fin dall'avvio del Mondiale il castello delle (fragili o ingiustificate) attese. Da una parte allora i progressi nel gioco degli azzurri innescati dalla guida di Crowley (progressi che però non si sono visti troppo nei primi due match facili), dall'altra due Grandi "costrette" a schierare i migliori. Non andavano sovrastimati i primi, non andavano sottostimate le seconde. 

3) Comunicazione e aspettative inverosimili

Il presidente Fir Marzio Innocenti a Palazzo Chigi (Galleria “Alberto Sordi”) il 1° settembre durante la più importante, non solo per la sede, presentazione della squadra italiana alla vigilia di un Mondiale: “Ci sono attualmente due squadre molto difficili da battere: il Sudafrica e l'Italia”. Pronostico perfetto per il Sudafrica, poi ridiventato campione del mondo, un po' meno per l'Italia: con la Nuova Zelanda si è perso 96-17, con la Francia 60-7.

Pochi giorni prima, fine agosto : “No, questa volta passiamo noi (ai quarti, ndr): batteremo una delle Grandi, possiamo dare l'esempio a tutt'Italia. Una tra Francia e Nuova Zelanda la eliminiamo noi, promesso”.

Promesso. Eppure Innocenti è stato un ottimo giocatore, un ottimo capitano, era anche in campo nella prima storica batosta da parte della Nuova Zelanda (70-6) nella prima Coppa del mondo nel 1987. A quella ne erano seguite, ai Mondiali, altre 4 con un bilancio complessivo di 348 punti subìti e 51 segnati. Nel 2023 siamo pure riusciti a peggiorare la media lusinghiera di queste imbarcate.

Altre sue dichiarazioni (questa dopo la vittoria sulla Namibia): “Da due anni e mezzo vivo in mezzo ai nostri giocatori e so che sono concentrati su cosa devono fare per battere gli All Blacks. Adesso siamo consapevoli che tutti gli avversari possono essere battuti: vale per la Francia e a maggior ragione per l’Uruguay".

Come se le vittorie su Namibia e Uruguay avessero alimentato speranze invece del contrario: con i sudamericani al the siamo stati persino sotto 10-17.

Consapevoli allora di poter battere tutti gli avversari? Già prima dell'ultimo Sei Nazioni il presidente aveva pronosticato 2 vittorie su 5 partite raccogliendo però 5 sconfitte. A che serve allora descrivere e annunciare uno scenario mondiale palesemente irrealizzabile? Serve ad accrescere le responsabilità dei giocatori? Ad aumentare la loro autostima? Ma dopo che si sono innescate tante roboanti aspettative, chi raccoglie i cocci lasciati dalla realtà?

Alla fine, quale è stato allora il bilancio del presidente dopo l'ultima batosta con la Francia a Lione? I rari cronisti in sala stampa (si è trattato del mondiale giocato in Europa con il minor seguito in assoluto della stampa italiana, evidemente le dichiarazioni federali non erano risultate così convincenti) hanno chiesto a più riprese al suo staff che si presentasse, ma Innocenti non si è visto. Eppure dopo le vittorie con Namibia e Uruguay non si era risparmiato.

Resta, di quella sera amarissima, una sua dichiarazione ai microfoni di SkySport: “Evidentemente l'Italia è ancora lontanissima dal vertice del rugby mondiale”. Evidentemente.

4) Il caso Parisse

In questo Mondiale c'era tuttavia un grande risultato che la Fir poteva ottenere di sicuro. Un successo facile, certo, gratuito, garantito, affascinante e di rilevanza internazionale. Al posto dello “zero” scritto nel bilancio della Coppa in Francia (“zero” a essere generosi perché quelle due batoste di danni di immagine e al morale ne hanno causati parecchi), gli azzurri potevano fare la Storia se avessero avuto con loro Sergio Parisse, l'ex capitano 40enne che sarebbe diventato il primo e per sempre unico giocatore al mondo a disputare sei Coppe. Altamente improbabile che ci riuscirà qualcun altro con i ritmi impetuosi di questo rugby professionistico.

Ebbene la presenza di Parisse, che si era detto disponibile, avrebbe illuminato la spedizione italiana, avrebbe richiamato l'attenzione ammirata della stampa di tutto il mondo, avrebbe dato in campo, sia pure a minutaggio ridotto, quell'esperienza latitante nel gruppo (solo un azzurro aveva già disputato due mondiali). Parisse - l'ha detto di recente alla Rosea anche sir John Kirwan, All Black campione del mondo nel 1987 e ct dell'Italia che buttò il 18enne Sergio nella mischia e proprio contro la Nuova Zelanda - avrebbe meritato la convocazione dal punto di vista tecnico.

E l'avrebbe meritata dal punto di vista morale. Invece a un asso mondiale come lui è stato negato dal ct Crowley un ultimo passaggio in azzurro e proprio in Francia dov'è una star grazie a grandi imprese con lo Stade Francais e il Tolone. Il ct per motivi tecnici suoi non l'ha voluto e la Fir, pur elargendo attestati di stima per l'ex capitano azzurro, non ha ritenuto opportuno esercitare una moral suasion su Crowley. Nessuna pressione su un ct saldo in sella, forte della sua autorevolezza? No, nessuna pressione su un ct che nello stesso periodo era stato sfiduciato. Difficile da comprendere, ma è andata così.

Con Parisse in campo forse avremmo battuto meglio Namibia e Uruguay e forse ne avremmo preso meno da Nuova Zelanda e Francia. Forse si può scrivere anche mille volte, comunque di certo peggio non poteva andare. E, conoscendolo, non crediamo che Sergio abbia pensato anche solo per un istante, alla luce del fallimento dell'Italia ai Mondiali: “Alla fine meno male che non mi hanno portato”.

Forse il suo amico Quesada potrebbe riavvicinarlo all'Italia chiamandolo, magari fra una stagione, nello staff dei tecnici dell'Italia.

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Ultimo aggiornamento: 4 Gennaio, 19:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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